Alla Mostra di Venezia sarà svelato «il segreto» di Olmi. Di un maestro del cinema sempre riservato, nascosto nel suo "bosco vecchio" di Asiago o "dietro i paraventi" di un’esistenza contadina. Ad alzare il velo sarà Maurizio Zaccaro, suo storico collaboratore fin dai tempi di
Cammina cammina, che è stato autorizzato dal suo maestro a seguirlo, prima e durante le riprese, con una piccola telecamera hd e un microfono. Così, in
Controcampo italiano, arriva il suo sincero omaggio:
Un foglio bianco.
Appunti sul film di Ermanno Olmi Il villaggio di cartone. Ma che cos’è il foglio bianco? Il titolo si aggancia a una battuta molto bella che fa Olmi sul set: «A ottant’anni non ho nemmeno più bisogno di una sceneggiatura per girare, voglio sentirmi libero, anche di cambiare le cose all’improvviso, un attimo prima di battere il ciak, essere cioè un foglio bianco da riempire lì, in quel momento». Ecco: il foglio bianco è Olmi.
Come nasce il suo lavoro?È frutto di una lunga amicizia e collaborazione, il privilegio raro e unico di poterlo riprendere mentre prepara il film, in tutti quei tasselli del suo lavoro assai poco conosciuti. Sono questi i suoi «segreti». Oggi c’è l’imbarbarimento del lavoro del regista, che arriva sul set e dice: azione. Olmi invece, non banalizza il lavoro di nessuno. Per questo dedico il mio film a chi vuole fare il cinema e al cinema come andrebbe fatto.
Come ha seguito Olmi al lavoro?Non c’è un’intervista vera e propria, ma il racconto della sua "filosofia del lavoro", del suo modo di lavorare, che vediamo per la prima volta.
Qual è la «filosofia del lavoro» di Olmi?Massima onestà nei confronti dell’idea perseguita, che può variare a seconda degli umori e degli incontri, ma che lui non tradisce mai.
Ci dobbiamo attendere un ritratto inaspettato di Olmi?Quello che ne esce, secondo me, è soltanto il ritratto di un uomo che ama forsennatamente il proprio lavoro e l’onestà integerrima con la quale viene proposto e offerto al pubblico.
Un foglio bianco fa capire anche la densità professionale di Olmi. Come, ad esempio, quando prende in mano un pennello per ritoccare un pezzo di scenografia: è il piacere di fare il regista, che gli scorre nelle vene fino a quel livello.
In questo mestiere, quali sono le virtù che più gli riconosce?L’umiltà, la disponibilità a parlare con tutti, con un operaio che sta piantando un chiodo, un attore che sta provando la parte. Scatta un meccanismo di complicità totale tra le persone che aiutano Olmi e Olmi che aiuta le persone.
Tutte coinvolte ora nel «Villaggio di cartone». Quale film vedremo?Veramente non è un film di finzione, sarà una grande sorpresa, molto particolare. Tanto è vero che non è «un film di» ma, come ha voluto lui, «un apologo di». Ermanno dimostra questa volta di volersi esprimere su altre tematiche e con altre forme. Si toccherà con mano ciò che succede a questi poveri personaggi, approdati non solo in Italia, ma sul set del più grande regista italiano vivente.
In questo ritratto scopriremo realizzato quanto il Cardinale Ravasi, suo caro amico, gli riconosce: «una straordinaria bontà quasi strutturale, illuminata da uno sguardo chiaro e luminoso».Ermanno ha fatto la storia del cinema e della cultura con uno sguardo completo sulla nostra società. Questa volta i suoi occhi buoni si sono fermati sugli extra-comunitari, che ha incontrato a uno a uno durante il casting: con tutti, dal primo all’ultimo, è nata una spontanea, istintiva, reciproca amicizia. È la sua straordinaria bontà, appunto.