Fin dagli inizi, l’idea moderna delle Olimpiadi si associava a uno sport estraniato dalla sua caratteristica esperienza della vita. Coniugando lo sport internazionale con i sentimenti nazionali, De Coubertin lo esponeva anche ai conflitti di ordine nazionale. Se risaliamo all’origine dell’idea moderna di olimpiade, dobbiamo anche chiederci criticamente se l’organizzazione per nazioni di questi giochi serva davvero a garantire il loro carattere sportivo o lo comprometta. Inoltre, dobbiamo domandarci, sempre a partire dall’idea moderna originaria dei giochi olimpici, se la loro funzione socio-psicologica, così carichi come sono di sensazionalismo, non abbia deformato il «gioco» in una lotta di prestazioni a profitto dell’interesse politico. I giochi olimpici sono ancora gioco e piacere? Se poi si vede quali Paesi possono permettersi i costi dell’organizzazione dei giochi, si scopre che il cerchio comprende solo le nazioni ricche.Gli ideali classici dell’umanità, che sono inscindibilmente legati all’idea di olimpiade, vengono sconfessati, quando entrano in gioco gli interessi di potere delle grandi nazioni. Dobbiamo richiamarci alle origini dell’idea olimpica, se intendiamo cogliere la possibilità di un suo rinnovamento. Questa idea, così come viene ripetuta da De Coubertin in poi continuamente, è in grado di indicarci una via che si inoltri nel futuro? De Coubertin ha coronato la moderna idea di olimpiade con il suo concetto di
religio athletae: la «religione sportiva » deve, unendo i popoli, aprire la via a una futura «religione universale ». In essa De Coubertin vedeva una «dichiarazione di fiducia nel futuro». Oggi però, su scala mondiale, la fiducia nel futuro si è mutata in angoscia. E questa è la crisi più profonda, poiché le nostre paure attuali fanno sì che gli uomini e i popoli non vedano il futuro. Questa angoscia diffusa soffoca il futuro prima ancora che sorga. A mio parere l’unica via d’uscita sta nella possibilità che l’idea olimpica venga ricondotta all’esperienza originaria dello sport e alla speranza originaria che il gioco possiede, per potersi così rigenerare. L’alienazione dello sport e l’estraniazione delle finalità dei giochi non possono già trovarsi nell’idea olimpica stessa. Questa deve garantire la salvaguardia dell’esperienza olimpica contro lo sfruttamento da parte di interessi diversi. In questo senso mi pare importante affrontare i punti seguenti:– la religione olimpica può diventare, da celebrazione consacrata dello sport e da fabbrica di ideali, un fermento di libertà in questo mondo che vive nell’ostilità e nell’oppressione. In tal caso, essa contrapporrà criticamente la sua esperienza olimpica originaria a queste esperienze alienate di vita;– lo sport, soprattutto a livello olimpico, è uno sport di spettatori. Questo è un fatto. Tuttavia non deve essere preferito come surrogato della propria mancante espe- rienza dello sport, bensì come stimolo per le proprie esperienze. Questo è il compito di un’educazione olimpica;– in un’epoca di formazione di blocchi politici, non è più sostenibile l’organizzazione dei giochi olimpici su basi nazionali. Il patriottismo non motiva più sufficientemente i partecipanti, né la partecipazione favorisce il patriottismo. Non sarebbe più sensato, dal punto di vista organizzativo, legare con maggior decisione i giochi olimpici alle Nazioni Unite? Non sarebbe più sensato che fosse un fondo dell’Onu a finanziarne le spese e che le vittorie fossero dedicate agli uomini, non alle nazioni di appartenenza? I giochi olimpici diventerebbero segni di speranza se appartenessero agli individui e non alle nazioni, specie alle più ricche;– lo sport e i giochi si fondano su un modo di vivere e rappresentano un particolare stile di vita. La moderna commercializzazione dello sport pubblico ha degradato quest’ultimo a prestazione e a merce, distruggendo in tal modo lo stile tipico dello sport. Non potrebbe proprio l’idea olimpica liberare questi giochi da una mentalità fondata sulla prestazione e sul consumo e associarli a uno stile di vita improntato alla semplicità che liberi dalla società della prestazione e del consumo? De Coubertin si espresse per uno stile di vita ascetico, che oggi non è più solo una virtù degli sportivi. Lo stile di vita della futura comunità mondiale non potrà essere che lo stile di un modo di vivere semplice e di comunione. L’olimpismo, come espressione e riflesso di questo mondo diviso, oppresso e minacciato, è in crisi. L’olimpismo come alternativa della comunità a questo mondo diviso, come alternativa di liberazione a questo mondo oppresso e come alternativa di vita a questo mondo minacciato è la possibilità che ci viene offerta da questa crisi.