Pur coperta dalla passerella e abbellita dalle piante la strada che porta al foyer del Teatro dell’Opera di Firenze è una gettata di cemento e asfalto. Perché di qui passano ancora i camion. Che ieri sera, però, si sono fermati. Il rumore di motori e betoniere ha lasciato il posto alle note. A quelle di Beethoven e della sua
Nona sinfonia. Ma prima a quelle dell’
Inno di Mameli.Coristi e orchestrali del Maggio musicale fiorentino, tutti in piedi, agli ordini di Zubin Mehta (che in mattinata, durante la prova generale, ha fatto cantare
Fratelli d’Italia a millecinquecento studenti dai 6 ai 26 anni), hanno voluto inaugurare così la loro nuova casa. «L’unica grande opera per i 150 anni dell’Unità d’Italia finita in tempo» rivendica con orgoglio il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che cede la fascia di sindaco e le forbici a Mehta per il taglio del nastro tricolore insieme alla sovrintendente del Maggio, Francesca Colombo. In platea milleottocento persone – tra loro il ministro dell’Istruzione e della Ricerca Francesco Profumo (giunto in ritardo per aver perso il treno), l’arcivescovo di Firenze monsignor Giuseppe Betori, il patriarca di Mosca Kirill, Carla Fracci, Sophia Loren, sovrintendenti di teatri europei – sistemate nella grande ellisse della sala, in legno, sui toni del grigio: due ordini di palchi e due gallerie. Linee essenziali. E in proscenio, disegnato dalle luci, il giglio, simbolo di Firenze. Lo stesso impresso, insieme alle iniziali ZM del maestro, sul podio di Mehta. Quando ci sale per la prima volta il direttore d’orchestra indiano si guarda in giro. Quasi incredulo di essere finalmente nel nuovo teatro. «Un sogno che si realizza dopo anni» sospira prima di attaccare Beethoven. Sogno che per un attimo ha rischiato di svanire nel nulla. Quando la struttura è finita nell’inchiesta sugli appalti che ha investito la Protezione civile ed è arrivato il commissariamento governativo.Per non fermare il cantiere il Comune di Firenze ha messo a disposizione due tecnici nei ruoli chiave di Responsabile del procedimento e Direttore dei lavori. E in due anni il nuovo Parco della musica ha preso forma. Ieri trapani e martelli sono rimasti in magazzino. Ci resteranno per dieci giorni. Giusto il tempo dei festeggiamenti inaugurali e poi riprenderà il via vai di operai: si deve completare la torre scenica e realizzare la seconda sala. Perché evidenziata sul calendario c’è la data del 24 novembre 2012 con la
Turandot di Puccini. «Mentre diciamo grazie a chi ha sostenuto e finanziato questa struttura lanciamo un appello alle istituzioni perché occorre un ulteriore sforzo per completarla» dice la sovrintendente. Oltre ai 157 milioni di euro già spesi ne occorrono altri 100 per terminare la cittadella progettata da Paolo Desideri. Una sala da 1800 posti per l’opera, un auditorium da 1100 per la sinfonica e una cavea da 2000 posti per gli spettacoli all’aperto, camerini, foyer, uffici: 360mila metri cubi in pietra distribuiti su una superficie di 57mila metri quadrati all’ingresso del Parco delle Cascine. Dalle terrazze si vede il cuore di Firenze, il Duomo e Palazzo Vecchio. Una città ferita, ancora segnata dalla morte di due cittadini senegalesi. Pensi a loro mentre si levano, austere, le note della
Nona di Beethoven – Mehta l’ha affiancata a
Gegenliebe, che in italiano suona come
Amore ricambiato, partitura commissionata per l’occasione al compositore fiorentino Sylvano Bussotti. Arriva l’
Inno alla gioia. Lo canta il Coro del Maggio con le voci di Irene Theorin, Stella Grigorian, Michael Schade e Albert Dohmen. Invito alla fratellanza. Una luce sulla soglia del Natale.