È solo di pochi giorni fa il blitz delle forze speciali americane contro i pirati somali che presso la cosiddetta "nuova Tortuga" del golfo di Aden hanno attaccato uno yacht di missionari evangelici uccidendoli, ed ecco che l’intramontabile Wilbur Smith se ne esce con un nuovo romanzo incentrato proprio su questo tema di scottante attualità. Infatti con
La legge del deserto (Longanesi, pagine 464, euro 19,60) lo scrittore sudafricano campionissimo di best sellers, che con i suoi trentadue romanzi ha venduto 120 milioni di copie in tutto il mondo, di cui 22 solo in Italia, è tornato a raccontare storie dei giorni nostri. Dopo la tetralogia dedicata all’Egitto dei Faraoni e la trilogia con cui ha percorso a ritroso le vicende dei Courteney e dei Ballantyne, creando addirittura degli antenati in comune tra i protagonisti dei suoi cicli "storici", ora che si avvicina all’ottantina (è nato nel 1933) sorprende il lettore con avventure mozzafiato nel più attuale degli scenari, quel «cerchio del male», come lo definisce, che è il golfo di Aden, fra lo Yemen, «la capitale del terrorismo mondiale», la Somalia, l’Eritrea e l’Etiopia. L’abbiamo incontrato a Milano.
Nei suoi romanzi da tempo predilige l’ambientazione storica, nella quale ha dimostrato di sapersi muovere con molta perizia e disinvoltura: la scelta di una storia d’attualità è dovuta a un argomento che le sta particolarmente a cuore?«Sicuramente l’intreccio tra pirateria e terrorismo all’interno di quello che io definisco "il cerchio del male", cioè il golfo di Aden, è un tema scottante che mi coinvolge molto, perché m’indigna l’indifferenza dell’opinione pubblica mondiale in proposito; però a indurmi a un’ambientazione contemporanea è stato prima di tutto il mio desiderio di rinnovarmi sempre, per questo mi sono divertito ad ambientare i miei romanzi nelle più diverse epoche storiche, posso dire di aver cavalcato i millenni. Ora l’impulso alla novità mi ha spinto ai giorni nostri, così ho potuto avvalermi delle più moderne tecnologie per consentire ai protagonisti, la bella magnate del petrolio Hazel Bannock e il suo capo della Sicurezza, Hector Cross, di sconfiggere gli spietati terroristi che hanno sequestrato la figlia di lei».
Perché infatti è sempre la lotta tra il bene e il male, con l’immancabile anche se ardua vittoria del primo, il fondamento della sua letteratura. Qui i nemici sono islamici, e il conflitto assume i contorni di uno scontro culturale e religioso. I musulmani sono contrassegnati dall’odio e dalla violenza: compare anche la descrizione di una "sharìa" in cui sono condannati e giustiziati un omosessuale e un’adultera, una scena che sconvolge Hazel di fronte a tale «orgia di fanatismo e di crudeltà»…«È la mia stessa reazione. Sono scandalizzato da quello che succede nei Paesi dove domina l’integralismo, in Iran ad esempio; sebbene riconosca che ci sono posizioni differenti in seno all’islamismo, dove c’è posto anche per atteggiamenti più concilianti e aperti».
Pensa che queste posizioni moderate potranno avere un peso decisivo nei governi che s’instaureranno nei Paesi del Nord Africa attualmente in rivolta?«Non sono certo un esperto, comunque credo che nessuno possa dirlo con certezza, anche se tutti lo auspichiamo. Vedo con favore le rivolte che abbattono i dittatori, specialmente Gheddafi, un tiranno sanguinario, di cui fra l’altro pochi giorni fa si sono ammesse ufficialmente le responsabilità dirette nell’esplosione dell’aereo Pan Am a Lockerbie nell’88. Penso che sia possibile un’evoluzione dell’islam in senso moderato, come del resto è avvenuto nel cristianesimo, ormai ben lontano dal fanatismo delle Crociate o dell’Inquisizione; il rischio maggiore secondo me viene dalla coincidenza tra il Corano e il codice civile: se il Corano è l’unica legge, non c’è spazio per l’evoluzione».
Nel romanzo, Hector offre delle spiegazioni sulle cause che impediscono alle organizzazioni internazionali di intervenire riguardo alla piaga della pirateria: «I costi proibitivi di schierare una forza di vigilanza, i cavilli del diritto marittimo, i falsi scrupoli dei perbenisti, più preoccupati dei diritti umani dei pirati che di quelli delle loro vittime».«È così, le organizzazioni internazionali possono fare ben poco contro i pirati, quindi nel romanzo faccio intervenire un’agenzia di sicurezza privata, quella di Hector, che ottiene risultati grazie all’iniziativa personale. Noi in Sudafrica siamo molto organizzati con le Società di sicurezza private: abbiamo un "panic button" da premere per ottenere assistenza immediata in ogni emergenza. Se aspettassimo la Polizia, nel migliore dei casi ci metterebbe troppo tempo a intervenire. Non è comunque una battaglia, che voglio intraprendere con il romanzo, ma fornire al lettore un intrattenimento piacevole, ad alto tasso d’adrenalina».