La scrittrice irlandese Sally Rooney - Hoepli
Esiste negli scacchi una mossa chiamata “zwischenzug”, in Italia detta “intermedia”, o – in altre lingue, ma non in Italia – “intermezzo”. Si tratta di una mossa inaspettata, giocata in un dato momento della partita; una mossa che impone un qualche tipo di risposta all’avversario. Ho conosciuto un maestro di scacchi che la chiamava “interrogazione”. Si tratta di un motivo tattico. Diversamente, in Italia, il termine “intermezzo” è utilizzato in ambito operistico, orchestrale, sinfonico o strumentale. Questa breve introduzione è doverosa per contestualizzare il quarto romanzo dell’irlandese Sally Rooney, autrice da milioni di copie, diventata in questi anni fenomeno di cultura pop e voce dei millenial. Intermezzo (pagine 426, euro 22) – questo il titolo del suo ultimo romanzo – in Italia è pubblicato, come i precedenti, da Einaudi, ed è per Rooney il libro della consapevolezza nei propri mezzi, della piena maturità. Il perché è presto detto: si tratta di dettagli, che sommati l’uno con l’altro intessono un disegno, una sorta di partita a scacchi, quasi un “intermezzo” con il lettore, interrogato da frasi brevi e precise come una mossa, da dialoghi netti, fatti di poche e affilate parole, ma soprattutto da un incedere simile all’avanzata dei pedoni nel gioco moderno, un procedere costruito attorno ad un andare avanti sì per giungere a promozione, ma soprattutto per togliere fiato, spazio, tempo e mosse all’avversario.
Come si traduce tutto questo in scrittura? All’inizio, nelle prime cinquanta pagine circa, si fatica a capire cosa sta accadendo, si legge quasi ingenuamente, per il puro piacere di farlo, dopodiché non si riesce a smettere, si resta schiacciati da una morsa narrativa; è come se si smettesse di muovere i pezzi – o leggere le pagine – e si è mossi, si è letti, in un mix di fascino e inerzia, che conduce lì, proprio dove vuole l’autrice. A fare da contraltare a questa – chiamiamola – lucidità della parola, a questa apparente freddezza di prosa, semplice ma sempre efficace, giusta, misurata, è l’intensità dei contenuti, l’introspezione che si ricava dalla lettura, poiché si entra in contatto con il tema di fondo che guida la trama, un argomento spesso tabù: il lutto.
Intermezzo racconta di due fratelli, Peter e Ivan, che hanno appena perso il padre. Peter è un avvocato di Dublino sui trent’anni – affermato e apparentemente irreprensibile. Tuttavia, ora che gli è morto il padre, prende farmaci per dormire e si divide fra due relazioni con donne molto diverse. Ivan è un campione di scacchi ventiduenne. Si è sempre considerato l’antitesi del fratello maggiore, che nelle prime pagine del libro lo definisce «un po’ autistico», ma «non in senso clinico». Le loro vite si intrecciano in uno spazio di vuoto, sospensione, in quell’interludio che è insieme “interrogazione” – come diceva quel maestro di scacchi – della vita, ma anche (e qui la lingua italiana viene in soccorso), intermezzo come si potrebbe intendere in senso musicale, ovvero lo spazio ricavato nel mezzo di una “scena” drammatica.
L’interrogazione è quella che stimola, che apre alle nuove opportunità con cui i due fratelli si confrontano in quel dato momento, affrontando – con approccio finanche filosofico – «il rapporto fra memoria e percezione», nonché la paura di ciò che «passa in fretta», il dolore, e una verità che spesso si comprende tardi: «Un tempo – scrive Rooney – credeva che la vita dovesse approdare a qualcosa». Questa constatazione è parte del percorso di scollamento dal significato, che è – in definitiva – un’altra apertura ancora (e anche in questo caso ci ritroviamo nell’ambito del glossario scacchistico). Infine, una morale scacchistica: le prime mosse, quindi le aperture, gli inizi, negli scacchi sono quasi del tutto teorizzate, dopodiché il gioco evolve nelle sue varianti. È così la vita, con i suoi inciampi, che possono destabilizzare e scuotere, ma anche ispirare, stimolare un cambiamento. In conclusione, apprezzabile l’apparato di note in appendice che – come una notazione scacchistica – suggerisce spunti e citazioni, da Wittgestein a Shakespeare, passando per T. S. Eliot, Joyce, Russell, Keats e alcuni altri.