Nairobi è una città dove la gente per strada ti fissa negli occhi. Impietosa. «I’m hungry». Ho fame, ti dice mentre tende la mano mettendoti in crisi. Pensi che qui occorrano soldi. Cose materiali. Cibo. Non le note di Giuseppe Verdi. Poi ascolti i cinquemila dell’Uhuru park cantare tutti insieme il Va’ pensiero. I duecento bambini delle missioni italiane di Amani e dell’Avsi, di padre Renato Kizito Sesana, del ravennate Nino Valerio e del medico piacentino Francesca Lipeti. Gente che il cibo lo porta, insieme a una Speranza. E gli italiani, giunti solo poche ore prima con un volo che da Ravenna li ha catapultati nel cuore dell’Africa. E capisci che forse per aiutare un popolo occorre anche altro. Riccardo Muti lo dice dal podio, le mani senza bacchetta ancora levate in aria sulle note verdiane che ieri hanno chiuso la tappa 2011 de Le vie dell’amicizia del Ravenna festival (l’evento andrà su Raiuno il 28 luglio, giorno del settantesimo compleanno di Muti). «La vera musica ci rende sempre più uniti». Joseph, invece, lo dice con il suo cono gelato che mette prontamente da parte quando si levano le note dell’Inno del Kenya e il papà Julius lo fa alzare in piedi.Gli suggerisce le parole. «Perché è il canto della nostra terra». Che celebra la libertà di un popolo. Libertà che in swahili si dice Uhuru, come il nome del parco. Joseph ha il volto nerissimo. E lo stesso sorriso di tanti suoi coetanei. Come quello velato di nostalgia di Lina, 13 anni, nata e cresciuta nella baraccopoli di Kibera, la più povera e la più vasta della capitale. O come quello solare di Francis, sull’erba dell’Uhuru park con una macchina fotografica per immortalare i suoi amici che studiano al Conservatorio di Nairobi e che Muti ha voluto si unissero per il concerto ai colleghi italiani dell’Orchestra Cherubini e dell’Orchestra giovanile italiana. In tutto sono 106. Più 80 coristi del Municipale di Piacenza e della Stagione armonica, a cui se ne aggiungono 140 di due cori locali. Insieme suonano e cantano pagine che hanno contribuito a unire l’Italia, quelle di Verdi e Bellini. Nabucco e Trovatore, Norma e Puritani che i piccoli delle missioni, per ingannare il tempo in attesa del loro turno col Va’ pensiero, dirigono facendo simpaticamente il verso a Muti. Il pubblico ascolta concentratissimo. Josephine, 58 anni, sulla collina con i suoi figli, sorride e sgrana gli occhi perché per la prima volta sente un’orchestra suonare dal vivo. Paola con Verdi si sente un po’ a casa. «Sono di Pordenone, ma da nove anni vivo qui con mio marito, un indiano, e il piccolo Manu» dice lasciandosi poi prendere dal ritmo delle percussioni dei giovani acrobati del Koinonia team che strappano applausi con le loro piramidi umane. Muti li guarda. A qualcuno «dà il cinque». Risponde così alla chiamata arrivata un anno fa da Francesca Lipeti a volare con la musica in Kenya. Il medico piacentino è in prima fila con dieci donne masai del suo dispensario di Lenkisem. Dall’Italia ci sono 100mila euro per lei, per padre Kizito, che ogni anno salva 200 ragazzi tra i 120mila bambini di strada di Nairobi, e per la famiglia di George Munyua Gathuru il 15enne morto sabato scorso nell’Adriatico insieme al volontario italiano Marco Colombaioni. Per loro un minuto di silenzio chiesto dal vicepresidente del Kenya, Kalonzo Musyoka. «Look at me». Guardatemi, dice Muti ai piccoli prima di 'dare il la' al Va’ pensiero. Poi li abbraccia. Joseph, da lontano, lo saluta con la sua mano sporca di gelato.