Alla fine ha detto sì. Riccardo Muti dal dicembre 2010 sarà il nuovo direttore dell’Opera di Roma. Ma ha posto – secondo quanto riportato dal sottosegretario ai Beni culturali Francesco Giro – due condizioni. Primo, lavorare in un clima di pace sindacale. Secondo, che si possa rilanciare la cultura lirica del Centro-Sud collegando il teatro romano con il San Carlo di Napoli. E se l’invito alla collaborazione con il capoluogo partenopeo pare dettata dall’affetto che Muti ha nei confronti della sua città – di recente il maestro si era impegnato ad aprire le prossime tre stagioni del San Carlo dirigendo opere e concerti – la richiesta di una pax sindacale ha a che fare inevitabilmente con le vicende passate. L’indomani del suo addio alla Scala – avvenuto proprio dopo un braccio di ferro con i sindacati – Muti aveva detto: «Mai più alla guida di un teatro». Ora sembra averci ripensato. E tra un anno approderà a Roma. Giusto in tempo per dare il la alle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia – magari con il Verdi nazionalpopolare del Nabucco (quello del Va’ pensiero tanto caro a Bossi e compagni) a patto, però, che sia preceduto dall’insostituibile Inno di Mameli – in programma nel 2011. Esulta il sindaco della Capitale, Gianni Alemanno («noi per Roma vogliamo l’eccellenza, e nel caso della lirica con Muti ci siamo riusciti» dice), da aprile commissario straordinario del teatro lirico e da allora impegnato in un serrato corteggiamento al direttore d’orchestra (a metà luglio era volato persino a Sarajevo dove il maestro ha diretto il tradizionale concerto delle Vie dell’amicizia del Ravenna festival). Due titoli d’opera e due programmi sinfonici a stagione promette Muti che dovrà fare la spola tra Roma e gli Stati Uniti dove si appresta ad assumere l’incarico di direttore della Chicago symphony orchestra. Ma il maestro si è impegnato a farsi «garante sin d’ora della selezione dei nuovi professori d’orchestra presiedendo le commissioni di concorso ». Un accordo annunciato ieri dal Campidoglio con un comunicato in cui si parla della «disponibilità data dal maestro ad assumere la direzione dell’Opera di Roma». E anche il maestro mette le mani avanti e fa sapere che scioglierà la riserva «solo dopo i necessari approfondimenti tecnici». La svolta martedì a Salisburgo al termine del Moise et pharaon di Rossini applaudito da Alemanno (accompagnato da Bruno Vespa, consigliere di amministrazione del teatro romano) che ha assicurato al maestro «l’impegno totale della città e del teatro ad aprire una pagina nuova nella storia dell’Opera di Roma». La Capitale sembra crederci. Almeno stando alla soddisfazione mostrata da molti esponenti politici romani che sperano che l’arrivo di Muti possa rilanciare un teatro da tempo in crisi. Ma segnali positivi arrivano anche dai rappresentanti dei lavoratori. «La pace sindacale si ottiene rispettando le norme e i contratti e noi non dubitiamo che Muti lo farà» dice Roberto Conte del Libersind-Consal, sigla che vedrebbe di buon occhio la conferma ai vertici del teatro di Catello De Martino, ora sovrintendente ad interim. In autunno verrà nominato il nuovo consiglio di amministrazione dell’Opera che, dice Alemanno, se da una parte troverà il bilancio preventivo del 2009 in attivo e quello del 2008 (prima in disavanzo di 11 milioni di euro) completamente sanato, dal-l’altra dovrà darsi da fare per rintracciare nuove risorse, anche private, per garantire al teatro e al maestro Muti un lavoro sereno.