mercoledì 17 luglio 2019
La Neuralink studia come inserire mini-elettrodi nel cranio per trasmettere e ricevere dati, in processo di "fusione" del pensiero con l'intelligenza artificiale. Primi test condotti su topi e scimmie
Neuralink

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Elon Musk sta diventando più famoso per gli annunci che per i successi tecnologici concreti. Ma quella di ieri è stata una presentazione così spettacolare e suggestiva in un settore dal reale rapidissimo sviluppo che vale la pena di darvi un’occhiata.

L’imprenditore visionario dell’auto elettrica e dei viaggi spaziali ha fondato anche la Neuralink, società che finora ha lavorato in modo riservato per sviluppare interfacce cervello-macchina. E nella sera americana del 16 luglio ha mostrato per la prima volta parte della tecnologia sviluppata finora. L'obiettivo finale è quello di impiantare le interfacce in persone paralizzate, consentendo loro di controllare arti artificiali, telefoni o computer. E, chissà, in futuro anche protesi per potenziarsi sia fisicamente sia cognitivamente.

Il super-uomo tecnologico?

In attesa del “super-uomo” tecnologico, quello che si è visto, vero primo passo avanti, sono i "fili" flessibili, che hanno meno probabilità di danneggiare il cervello rispetto ai materiali attualmente utilizzati nelle interfacce cervello-macchina, e sono anche molto più efficienti. Questi fili danno la possibilità di trasferire un volume maggiore di dati, essendo molto più sicuri. Musk e il suo team scientifico guidato da Max Hodak, presidente di Neuralink, hanno parlato della sperimentazione sui topolini. I fili hanno una larghezza compresa tra 4 e 6 micrometri, circa un quarto del diametro di un capello umano. L'altro grande progresso compiuto da Neuralink è il robot capace di impiantarli autonomamente nel cervello, dopo che sono stati realizzati otto microfori nel cranio dell’animale. Si tratta di una specie di macchina per cucire estremamente sofisticata che posiziona i mini-elettrodi in modo precisissimo, senza danneggiare i tessuti e i vasi.

In futuro, gli scienziati di Neuralink sperano di usare un raggio laser per aprire un varco ai fili. I primi esperimenti saranno condotti con neuroscienziati della Stanford University. "Speriamo di avere un paziente umano entro la fine del prossimo anno", ha detto con ottimismo Musk, il quale ha rivelato che “una scimmia è stata in grado di controllare ucomputer con il cervello", dopo avere ricevuto un impianto simile a quello mostrato sui topi.

Un aiuto alle persone paralizzate

La prima persona paralizzata a ricevere un impianto cerebrale che gli permetteva di controllare un cursore del computer è stato Matthew Nagle. Nel 2006, Nagle, che aveva subito una lesione del midollo spinale, ha giocato a Pong usando la “mente”; il movimento di base richiese solo quattro giorni per essere padroneggiato. Da allora, numerose persone paralizzate hanno mosso braccia e protesi robotiche con impianti cerebrali.

Neuralink segue questo filone, ha detto Hodak, puntando però a un obiettivo più ambizioso. Il sistema, se si dimostrerà affidabile, potrebbe rappresentare un notevole progresso rispetto alla tecnologia precedente. Per Musk, il problema principale dell’interazione cervello-computer è la "larghezza di banda". Il nuovo sistema, per cui è stata chiesta l’autorizzazione all’uso sull’essere umano alla FDA, permetterebbe di raccogliere una grande quantità di dati dalla corteccia motoria e da quella somotasensoriale e di trasferire gli impulsi cerebrali via elettrodi a un apparecchio impiantato sotto l’orecchio. Da lì il flusso di informazioni andrebbe al computer e tornerebbe al soggetto in risposta.

La fusione con l'intelligenza artificiale

L’obiettivo è quello di fare sì che una persona possa dettare senza parlare 40 parole al minuto, oppure di navigare su Internet “con il pensiero”. Una “fusione” con l’intelligenza artificiale che apre anche interrogativi etici sia legati alla privacy mentale sia a possibili manipolazioni cui le persone potrebbero essere esposte. E, comunque, il primo elemento da considerare è quello della sicurezza di tutti i dispositivi impiegati. Passare dai modelli animali all'essere umano è sempre una transizione complicata. E non si tratta soltanto di non danneggiare i tessuti inserendo i "fili", ma anche di verificare gli effetti dei trasferimenti dei dati e le possibili conseguenze psicologiche sui soggetti trattati. Di questi temi però non si è accennato. E gli esperti di neuroetica non hanno mancato di rilevarlo. Insieme al progresso, arrivano anche le ombre di scenari da fantascienza distopica.



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