Partiamo dalla buona notizia. La Commissione Servizi e Prodotti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (la cosiddetta AgCom), ha deliberato una sanzione nei confronti del reality «Il Grande Fratello», in onda su Canale 5, «per le espressioni blasfeme pronunciate in più puntate da alcuni concorrenti». Lo comunica la stessa Autorità in una nota, aggiungendo che «la sanzione irrogata è pari a 51.640 euro». L’iniziativa è indubbiamente lodevole, anche se a qualcuno sembrerà un po’ tardiva (ma pare che questi siano i tempi tecnici delle Commissioni italiane). Lodevole perché sancisce una volta di più la gravità della bestemmia pronunciata in televisione e la responsabilità di chi trasmette certi programmi (dal reality sono stati espulsi solo tre bestemmiatori su sei accertati, ma ci sarebbero altri casi). Ciò che fa indubbiamente effetto è scoprire che Mediaset potrà pagare la sanzione con i soldi raccolti da un solo spot pubblicitario, venduto durante il reality in questione. Per la precisione, le avanzeranno circa 30mila euro. Ogni spot durante il «Gf» infatti viene venduto (sconti a parte) tra gli 80 e i 90mila euro. Eppure, se paragonata alla sanzione amministrativa attualmente prevista per chi bestemmia dall’articolo 724 del Codice penale e che oscilla tra i 51 e i 309 euro, la cifra inflitta dall’Agcom a Mediaset è significativa. Nulla, però, in confronto al business in gioco. E poco rispetto all’Irlanda, dove chiunque bestemmi è punito con una multa di 25mila euro. Se volete arrabbiarvi un po’, potete provare a dividere la multa che dovrà pagare Mediaset, per il numero dei bestemmiatori che hanno funestato quest’ultima edizione del reality più criticato e longevo della tv italiana. Senza contare le presunte bestemmie e quelle che gli autori del programma hanno finto di non sentire, siamo a sei concorrenti. Come dire che ogni bestemmia pronunciata in tv durante il «Grande fratello» è costata a Mediaset 8.606 euro.