giovedì 19 maggio 2016
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Siede su un trono ligneo ornato d’oro, così come d’oro luccica il suo manto. Con la mano destra sorregge una sfera, simbolo imperiale, e con la sinistra protegge il Bambino benedicente che tiene in braccio. E’ la "Moreneta", la Vergine nera di Montserrat, la patrona della Catalogna.

Nostra Signora di Montserrat
 
“Questa statuetta lignea – spiega padre Josep Maria Fossas, abate del monastero benedettino che custodisce l’effigie – è stata intagliata attorno al 1170. Ma, nella montagna di Montserrat, la presenza di una cappella dedicata alla Madonna è documentata fin dall’888 dopo Cristo”. Lì, la fede s’intreccia con oltre mille anni di storia. E impregna migliaia di voci, volti, cuori spezzati, anime in cerca di pace. “Ancor oggi i pellegrini partecipano alle celebrazioni liturgiche della nostra comunità, e omaggiano la Vergine con un bacio o una soave carezza sulla mano”. Ma “un’altra espressione forte della fede popolare – aggiunge il "padre" dei monaci catalani – è il canto del "Virolai", l’inno della Madonna di Montserrat”. Pure quelle note risuonano da un millennio, e non solo loro.        

L’abbazia benedettina sublacense di Montserrat
 
Già. Perché davanti alla "Moreneta", nel Medio Evo la preghiera diventava esperienza totalizzante. La sola mente non bastava più, e nemmeno la parola: l’incontro con la Madre si abbandonava al canto, alla musica suonata, perfino alla danza. Nasceva ai piedi della Vergine uno straordinario repertorio: divenuto manoscritto nel XIV secolo, rilegato in copertina rossa cinque secoli più tardi.

Il “Llibre Vermell de Montserrat”
 
Oggi il “Llibre Vermell de Montserrat” sopravvive in 137 delle sue originali 172 pagine, e accanto a preziose “istruzioni per l’uso” (tra le tante, parafrasando dal latino: è permesso cantare e danzare in chiesa, anche di notte, ma senza disturbare chi si attarda in preghiera o in devote contemplazioni) tramanda tre canoni, due composizioni polifoniche e cinque danze in latino, catalano e occitano. Quegli stessi brani che rivivranno sabato 21 maggio a Cremona (ore 21, chiesa di San Marcellino), incastonati nel Monteverdi Festival dalla Capella Reial de Catalunya. Sì, l’intuizione di Giordi Savall: uno tra i maggiori violisti viventi, il "padre" dell’ensemble.

La Capella Reial de Catalunya
 
“Quando ho scoperto il Llibre Vermell? Attorno al 1975”, racconta ad Avvenire. Un incontro casuale ma non più di tanto. “Ogni estate, trascorrevo con la mia famiglia quindici giorni andavo al monastero: ricordo la frescura del luogo e delle bellissime passeggiate”. Immaginiamoci il talentuoso musicista in formazione, allora poco più che trentenne: poteva forse rimanere insensibile a quelle melodie, interpretate da circa un millennio? E’ vero: allora ne aveva sentite poche, perchè la maggior parte “non viene più eseguita in santuario”. Ma, ora che l’intero "Llibre" rivive nel mondo grazie a lui, il fondatore della "Capella Reial" non ha dubbi: “Per quel tempo, si tratta di una raccolta straordinaria. I brani manifestano un’emozionante purezza e una calorosissima spiritualità, quasi sembrano una ninna nanna...”. E poi, il loro significato: “Insegnavano a coltivare la gioia spirituale, la gioia dei pellegrini, la gioia provata da chi sapeva di camminare verso Dio”.

Giordi Savall
 
Così, anche a Cremona, i cantori entreranno e usciranno di scena in processione, al respiro di una monodia gregoriana che poi diventerà canone. Una particolarità pressochè unica. Non solo. “Tutto il concerto - avverte il direttore - sarà come una celebrazione liturgica”: la preghiera in musica fluirà senza interruzioni, spesso cadenzata pure dal suono di piccole campane.
 
Video. La “Capella Reial de Catalunya” interpreta il “Llibre Vermell di Montserrat”
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Nella città del Torrazzo illuminerà una sola sera, questa fascinosa lode alla "Moreneta". E un paio di settimane fa era accaduto lo stesso a Milano, nella chiesa di Sant’Antonio Abate. Ora, non sono previste altre repliche. Ma c’è un luogo, in Italia, che pur senza la ricchezza del "Llibre Vermell" si affida a Nostra Signora di Montserrat da almeno seicento anni: è la terra di Alghero, avamposto occidentale in provincia di Sassari.

Il campanile della cattedrale di Alghero (Gianni Saiu)
 
“Nel 1354 - spiega il referente del progetto culturale della Chiesa italiana per la diocesi sarda, Tonino Baldino – la città passò sotto la dominazione del regno di Aragona. E da quel momento rimase spagnola fino al 1720, quando divenne un possesso sabaudo”. Naturale: furono gli aragonesi a importar lì il culto della “loro” Vergine. E come “ancor oggi Alghero è un’isola linguistica catalano–parlante - ricorda il docente di scuola superiore in pensione, ora a capo del locale Centro studi & politica "Giuseppe Toniolo" -, così i suoi abitanti continuano ad affidarsi alla Madonna di Montserrat”. Che poi è anche la "loro" Madonna, intronizzata in una cappella della Cattedrale e nel principale santuario mariano della diocesi, Nostra Signora di Valverde.

La “Moreneta” nella cattedrale di Alghero (Gianni Saiu)
 
Due statue, due storie (recenti). Ed é ancora Baldino a raccontarle. “Terminata la dominazione spagnola - questa la premessa - i rapporti tra le due terre si erano pressochè dissolti”. Ma negli anni Cinquanta accadde qualcosa d’inaspettato.  “Durante la dittatura franchista - ricostruisce il docente in pensione - in Spagna era vietato parlare in catalano”. Fu allora che qualcuno, in quella regione, si ricordó dei "germans de l’Alguer", i fratelli di Alghero, i compagni di lingua. Presto fu organizzata una crociera, e lo sbarco in terra sarda segnò l’inizio di una grande festa. Era il "retrobament", il reincontro. Era l’agosto del 1960.

Il “retrobament”: l’accoglienza ai catalani nell’imminenza dello sbarco (cortesia Tonino Baldino)
 
La statuetta della  “Moreneta” arrivó in quell’occasione: i catalani la donarono agli algheresi, e subito fu collocata in Cattedrale. Dinanzi a quella Vergine, i due popoli s’inginocchiarono insieme. E davvero si riconobbero fratelli innanzi all’unica madre. Quarantadue anni dopo, la visita fu ufficialmente restituita.“Durante un nostro pellegrinaggio a Montserrat - ricorda il presidente del "Toniolo"-, portammo in abbazia l’effige di Nostra Signora di Valverde.  Allora i monaci ricambiarono con una seconda copia della Madonna Nera, che al ritorno venne intronizzata nel nostro santuario campestre”.

Nostra Signora di Montserrat in processione verso la cattedrale di Alghero (cortesia Tonino Baldino)
 
Altro evento solenne, quello del 2012 ad Alghero: per la traslazione della "Moreneta" - che in cattedrale fu collocata nell’attuale cappella gotica a lei dedicata - a concelebrare con il vescovo Mauro Morfino arrivò l’abate di Montserrat, Josep María Soler. Momenti forti e unici, questi. Eppure, momenti che rivivono ogni giorno nella fraterna preghiera dei due popoli. Dinanzi all’antichissima statua catalana, una delle lampade votive esprime la devozione di Alghero. E la sua comunità, ogni anno, vi offre l’olio per la fiamma quotidiana. Risuonerà anche ad Alghero, prima o poi, il “Llibre Vermell” della Moreneta? Per Baldino, sarebbe “una prospettiva molto interessante”.  
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