Il desiderio di conoscere i propri antenati vale anche per le popolazioni. I paleoantropologi e e la paleogenetica continuano a frugare nel passato e arricchiscono di nuovi tasselli le conoscenze. Secondo uno studio recente, di cui ha dato notizia la rivista
Nature, la maggior parte degli Europei deriverebbe almeno da tre popolazioni: da antichi cacciatori-raccoglitori ovest-europei, che contribuirono alla base ancestrale degli Europei (ma non di quelli orientali); da una componente euroasiatica, imparentata con i Siberiani del paleolitico superiore, che contribuì sia agli agricoltori europei che a popolazioni del Vicino Oriente; infine da antichi agricoltori europei che erano principalmente di origine orientale, ma mescolati anche con antichi cacciatori europei. I primi agricoltori europei possedevano circa il 44% di eredità ancestrale di popolazioni euroasiatiche, formatesi prima della diversificazione di altre linee non africane. A queste conclusioni condurrebbe il sequenziamento di genomi antichi: uno di 7.000 anni fa della Germania (in un contesto dei primi agricoltori) e otto di 8.000 anni fa da Lussemburgo e Svezia (scoperti in un contesto di artefatti di cacciatori-raccoglitori), confrontati con il genoma di 2345 uomini moderni. Di questi antichi abitanti dell’Europa conosciamo qualcosa di più quanto alla loro pigmentazione: i rappresentanti di antichi cacciatori-raccoglitori avevano capelli scuri, pelle scura e occhi chiari, mentre gli agricoltori avevano capelli scuri, pelle chiara e occhi scuri.. Apparirebbe quindi nelle due popolazioni una dissociazione nella pigmentazione degli occhi e della pelle. Ci può chiedere se la diversa pigmentazione (da correlarsi sempre con l’ambiente climatico, che ha visto un innalzamento della temperatura nel periodo postglaciale) sia originaria dei nuovi arrivati o sia stata acquisita nell’incontro con le popolazioni del territorio. Né possiamo dimenticare che le osservazioni si riferiscono a pochi esemplari e non tengono conto della variabilità individuale. Ma, al di là delle analisi molto puntuali del Dna, è abbastanza evidente che su un substrato di cacciatori-raccoglitori del Paleolitico superiore si innestarono gli agricoltori neolitici provenienti dalle regioni orientali. Essi portavano la cultura neolitica che si diffuse gradualmente nelle regioni centrali e occidentali. E non ci fu solamente un diffusione culturale, ma anche demica, come dimostrano le analisi di Ammermann e Cavalli Sforza sui polimorfismi genetici. Ma chi erano i cacciatori-raccoglitori che gli agricoltori neolitici incontrarono e con cui parzialmente si mescolarono? Dovevano essere del tipo
Homo sapiens e anch’essi di origine africana. Erano giunti nelle regioni europee dall’est o risalendo le coste del Mediterraneo o per la via dei Balcani e dell’Europa centrale, si erano incontrati con i Neandertaliani che da lungo tempo (qualche centinaia di migliaia di anni) dominavano lo scenario europeo, e si erano spinti nelle regioni occidentali dell’Asia, come dimostrano vari reperti trovati nel Vicino Oriente e in Siberia. Circa l’epoca in cui l’uomo di forma moderna (o
sapiens) giunse nelle regioni orientali dell’Europa si ritiene che essa risalga a 35.000-40.000 anni fa. Ma dati recenti fanno più antica la sua espansione in Eurasia. Un femore trovato a Ust’Ishim, nella regione di Omsk nella Siberia occidentale, e avente caratteristiche morfologiche di
Homo sapiens è stato datato a 45.000 anni fa. Il suo Dna si è rivelato ricco di informazioni: le analisi del reperto di Ust’Ishim eseguite dall’équipe di Svante Paabo nell’Istituto Max Plank di Lipsia, di cui dà notizia
Nature del 23 ottobre scorso, rivelano la presenza di Dna neandertaliano e quindi attestano un incrocio già avvenuto fra le due popolazioni, Neandertaliani e uomo moderno. Secondo alcune stime sui tempi delle mutazioni genetiche, l’incrocio fra Neandertaliano e
Sapiens – di cui questo siberiano sarebbe il frutto – sarebbe avvenuto tra 50.000 e 60.000 anni fa: un’epoca vicina a quella della maggiore espansione degli uomini moderni dall’Africa e dal Medio Oriente in Eurasia. Nessuna traccia invece di Dna dinosoviano, riferibile a una branca che si sarebbe sviluppata nell’Asia occidentale con un certo parallelismo con quella dei Neandertaliani europei. La presenza di Dna neandertaliano nel femore di Ust’Ishim si accorda con ciò che si era visto in precedenti analisi nel 2010, e cioè che una piccola porzione di Dna neandertaliano, dall’1% al 4%, si è conservato nel tempo e si ritrova in popolazioni euroasiatiche. L’incrocio fra Neandertaliani e forma moderna può spiegare anche la presenza di alcuni tratti neandertaliani in reperti di
Homo sapiens di 30-25.000 anni fa. La mescolanza suggerisce ancora una volta che i Neandertaliani non possono essere considerati una specie diversa dall’uomo moderno; Neandertaliani e Uomini di forma moderna vissero a lungo insieme. Le due forme appaiono accomunate in alcune regioni europee e del Vicino Oriente da una medesima cultura agli inizi della espansione dell’uomo moderno. Per gli Europei potrebbe trattarsi del Castelperroniano in Francia, dell’Uluzziano nel-l’Italia meridionale, o di una cultura di transizione con il Paleolitico superiore o ancora – come ritiene Hublin – di un Paleolitico superiore iniziale. Enigmatica resta sempre la scomparsa del tipo neandertaliano in tempi relativamente brevi dopo avere convissuto a lungo con la forma moderna.