Il 2014 è l’anno della mazurka. O forse è meglio dire quello delle danze popolari. Non si sa bene se sia frutto di una moda passeggera o di una presa di coscienza dei valori della tradizione, fatto sta che a Bologna sta diventando una vera e propria febbre, e non solo del sabato. Tutti i martedì sera centocinquanta ragazzi, alle volte di più, si riuniscono nella grande sala del centro sociale Làbas, in pieno centro storico. Il passaparola corre veloce sui social network e alle nove si comincia. La squadra di maestri è giovanissima, ma autoritaria. Si parte con il valzer, lo scottish, la chapeloise, tutte danze popolari che hanno antenati in Francia, in Irlanda e in Inghilterra. E infine la temuta e amata mazurka, il ballo degli abbracci, tanto bello da vedere quanto da danzare. Il gruppo 'Giovani danzatori bolognesi' è nato a febbraio dell’anno scorso, quasi per caso. «Ci siamo incontrati a una serata di danze popolari in provincia di Bologna, una di quelle in cui l’età media è di cinquant’anni quando va bene - scherza Valentina, classe ’93, studentessa universitaria - . Eravamo in quattro o cinque quella sera e ci siamo chiesti perché mai, in una città viva come Bologna, non ci dovessero essere più giovani a voler ballare queste danze tradizionali». Nel capoluogo emiliano i gruppi di danze 'folk' sono cinque, composti da ballerini esperti «per lo più con la puzza sotto il naso quando si parla di giovani che vogliono imparare, perché siamo troppo chiassosi» continua. E così è partita l’iniziativa: «Prima eravamo appena una ventina spiega - poi, da settembre di quest’anno, la cosa è diventata virale». Tra le fila di appassionati c’è un po’ di tutto: matricole al primo anno, pensionati pieni di buona volontà, hippie a piedi scalzi, professionisti in camicia. Presi dalla curiosità, hanno fatto capolino anche i vecchi ballerini, quelli esperti, che non volevano credere alle loro orecchie. «Quando mi hanno chiamato i ragazzi per tenere qualche lezione mi aspettavo di vedere un gruppetto di una quarantina di persone - spiega Umberto Bonfà, maestro della Polisportiva Masi di Casalecchio di Reno - . Me ne sono trovato davanti centocinquanta, motivatissimi, con un sacco di voglia di imparare. Mi sono quasi emozionato. Se non è questo un esempio bello e semplice di scambio generazionale».Come Umberto, tanti altri artisti sono venuti al Làbas a prestare la loro esperienza, a titolo rigorosamente gratuito. C’è Stefano Tommesani di Monte San Pietro, che con il suo violino e la sua band ha fatto ballare per una notte intera i giovani danzatori o Maria Grazia e Nicola dei 'Piment Trio' di Budrio. «Forse è solo un fenomeno passeggero - si interroga Lorenzo, capelli lunghi, cipiglio da esperto -. Certo però che è interessante».Lui la storia la conosce tutta perché le danze gli hanno cambiato la vita. «Ho cominciato a ballare il folk nel 2008, e non ho più smesso - racconta - . Mi sono innamorato dei movimenti, delle sonorità, degli strumenti. E mi sono accorto che, dopo la generazione di persone che oggi hanno sessant’anni, questa tradizione è completamente sparita, più o meno in tutta Italia. Solo nel 2008, complice forse anche Facebook che accorcia le distanze, qualcosa ha cominciato a muoversi prima a Milano, poi a Torino. Nel frattempo si era già svegliata la Romagna insieme al sud Italia». Lorenzo fa riferimento alle mazurke clandestine. Nessuno sa come siano nate. Si sa solo che all’improvviso centinaia di persone provenienti da tutta Italia si trovano in una piazza battezzata di volta in volta nei diversi capoluoghi, portano bevande calde, tirano fuori gli strumenti e un amplificatore e cominciano a ballare. Attirano curiosi e passanti senza l’aiuto di nessuna pubblicità. Danzano abbracciati fino all’alba e poi se ne vanno da dove sono venuti. A Bologna è stato Fabrizio il primo ad accendere un amplificatore in piazza Minghetti e ad aspettare di vedere quello che succedeva. «A Natale davanti a San Petronio eravamo talmente tanti che non stavamo nel Crescentone - si ricorda -». «Io ci sono capitato per caso - racconta Tommaso, della parrocchia di Sant’Antonio di Savena, appena laureato - . Quando posso ci torno più che volentieri». «Noi invece siamo qui perché ci ha mandato il parroco di San Giuseppe - spiegano Isabella e Anna, anziane sorelle ballerine - . L’entusiasmo di questi ragazzi è una bellissima parentesi in questo periodo da incubo». Ma poi perché, tra i tanti balli, compresi quelli che i 'Giovani danzatori' a Bologna insegnano, gratuitamente, tutti i martedì sera, questa passione viscerale per la mazurka? «Secondo me perché è il ballo della nostra generazione - ha pochi dubbi Lorenzo - . La mazurka è il ballo più romantico che c’è e anche il più affettuoso. L’incertezza economica e sociale che tutti noi viviamo ha portato anche un’instabilità affettiva non da poco. La mazurka ti fa tornare a sentire più umano ». A Bologna intanto il passaparola ha portato anche gli Erasmus dalla Germania, dall’Olanda, dalla Francia. C’è qualcuno dall’Afghanistan e qualcuno dall’India. Il cerchio diventa più grande e si aspetta il prossimo giro di danze.