«La storia più antica e più bella del mondo e, insieme, anche la più semplice: quella di una donna che mette al mondo un figlio che non è suo, ma destinato al mondo. Solo che, in questo caso, la donna è Maria e il Figlio Gesù». A parlare è Giacomo Campiotti che ha da poco terminato le riprese di
Maria di Nazareth, miniserie prodotta dalla Lux Vide con i tedeschi di BetaFilm-Tellux e gli spagnoli di Telecinco per Rai Fiction e destinata a Raiuno: «È stato un grande privilegio poter girare questa fiction – dice il regista che ha già firmato titoli religiosi come
Giuseppe Moscati, Bakhita e
Preferisco il Paradiso, dedicata a San Filippo Neri –. In un momento di pensiero debole come quello che stiamo vivendo, raccontare la storia di una donna coraggiosa che accetta di avere un figlio rischiando la vita in prima persona, rischiando di essere emarginata, costretta a dover fuggire e, infine, a vedere suo Figlio morire come il peggiore dei ladri. Maria è grandissima, ma è una donna. Dio l’ha scelta, ha scelto una donna, per dare al mondo suo Figlio e lei, liberamente, ha scelto di accettare la volontà di Dio».
I Vangeli non dedicano che poche righe a Maria: come siete riusciti lei e Francesco Arlanch a scrivere due puntate?Abbiamo preso tutto quello che era vero, poche righe ma significative, e poi abbiamo aggiunto il verosimile. Teniamo ben presente, però, che in un film come questo non sono tanto importanti le parole quanto i silenzi. Le parole sono poche, ma il messaggio è forte. Il rapporto tra Maria e Gesù passa soprattutto attraverso gli sguardi.
Il verosimile cui accennava riguarda la figura di Maddalena?Sì. Siamo partiti da una base storica per tutto quello che riguarda la vita nella reggia degli Erodi e, con una certa libertà, abbiamo raccontato la storia di Maddalena per evidenziare la differenza con Maria e il valore di quest’ultima. Perché le abbiamo immaginate non solo coetanee ma anche amiche sin da piccole finché le loro strade non inizieranno a dividersi a causa delle rispettive scelte. Per certi aspetti è stato come girare due film differenti: di qua Nazareth, Betlemme, di là il palazzo reale, lo sfarzo. Del resto, la società allora era proprio così: il mondo della ricchezza sfrenata e quello della povertà convivevano, come accade anche oggi. La vicenda della Maddalena, inoltre, ci dimostra che il perdono di Gesù arriva in modo totale, che l’Uomo nuovo non dice «Occhio per occhio, dente per dente» ma «Chi è senza peccato scagli la prima pietra» e promette che ciascuno di noi ha la possibilità di ricominciare daccapo. Con Gesù nessuno è mai perduto per sempre. Sarebbe stato bellissimo poter raccontare anche Lui.
Invece?Non è stato possibile perché questa è la storia di Maria. Ma abbiamo, comunque, cercato di raccontarlo attraverso Lei. Certo, rispetto ad altri film che sono stati fatti su Gesù ci sono molte parti mancanti, ma non potevamo fare altrimenti.
Come si è documentato per questo film?Ho letto molto. Non solo i Vangeli ma anche i libri scritti da alcuni Santi e da mistici come Maria Valtorta. Mi hanno molto aiutato le visioni di Anna Katharina Emmerich. Questa mistica del Settecento, tra le altre cose, racconta come Maria, rispetto alle altre donne del suo tempo che, aspettando il Messia, forse speravano in cuor loro di poterne essere la madre, pregasse di essere la serva della serva della serva della madre del Cristo. Non aspirava a niente di più. Leggendo questi testi senti che non è lo storico a parlare ma persone che si sono davvero avvicinate a Maria e a Gesù, tante cose non passano per la sapienza ma per il cuore. E, poi, ho pensato a mia madre.
In che senso?Mi ha insegnato che l’amore di Dio è infinito. E che sulla Terra, se c’è un Amore con la "A" maiuscola, è quello della madre, che dà tutto a perdere, senza chiedere niente in cambio. Se questo vale per le donne comuni, figuriamoci per Maria che, non solo non rinuncia ad essere madre nonostante tutto quello che l’aspetta, ma sublima la maternità.