«No, no... Non è Rigoletto». La signora abbraccia la statua del giullare della corte dei Gongaza nel cortile della casa che Mantova presenta come la dimora del buffone reso celebre in musica da Giuseppe Verdi. E neppure sa chi sia Rigoletto. Beata ignoranza, viene da pensare. E soprattutto da chiedersi: ma è questo il popolo che invade la Capitale italiana della cultura? Forse c’è da farsene una ragione se anche sul treno che si ferma lungo il fiume Mincio due coppie descrivono Mantova come la terra «della zucca e della torta “sbrisolona”». Negli ultimi quattro fine settimana, dalla Domenica delle Palme in poi, la città è stata presa d’assalto dai turisti. E il premier Matteo Renzi, sempre attento a cavalcare l’onda, si è intestato un po’ del trionfo scrivendo su Twitter che, grazie al titolo assegnato dal ministero dei Beni culturali, Mantova ha fatto registrare a Pasqua un «più 40%» di visitatori.
Difficile dire se il dato sia attendibile, confidano all’ombra del castello di San Giorgio. Certo è che la città comincia finalmente a sentire l’effetto “Capitale”. Anche perché sabato e domenica scorsi si è alzato il sipario sul calendario di mille eventi che si susseguiranno fino a dicembre. Con tre mesi di ritardo. «Macché – ribatte il sindaco pd Mattia Palazzi –. Era già stato stabilito che saremmo partiti in primavera. E poi siamo stati scelti fra le dieci finaliste soltanto a ottobre. In pochi mesi abbiamo organizzato un programma che le prossime Capitali della cultura metteranno a punto in un anno».
Ha ragione Palazzi. La culla del Rinascimento lombardo è il primo capoluogo della Penisola a conquistare il riconoscimento. Lo scorso anno erano state le cinque città battute da Matera nella corsa per la Capitale europea della cultura 2019 (Ravenna, Siena, Perugia, Cagliari e Lecce) a vedersi consegnare il titolo come premio di consolazione. Nello studio del sindaco è entrata anche la polemica che ha preceduto il taglio del nastro: il centrodestra cittadino, che aveva lanciato la candidatura prima di uscire sconfitto dalle urne a giugno, rivendica il successo e il milione di euro stanziato dal governo. «Guardiamo al futuro e non al passato», risponde Palazzi che più volte chiama Mantova una «piccola comunità di 48 mila abitanti che nei prossimi mesi sarà in grado di parlare all’Italia e anche al mondo».
Chi crede che immergendosi nel centro storico inserito fra i gioielli dell’Unesco si trovi davanti una bella confezione regalo resterà deluso. Nonostante le strade siano decorate di totem e tappeti rossi, la Capitale della cultura è un cantiere. Delle idee e della creatività, si legge nei depliant. Della ricostruzione, viene in mente passeggiando. Nel cielo appaiono almeno tre gru. Palazzo della Ragione in piazza delle Erbe, cuore delle manifestazioni, è puntellato con scheletri d’acciaio. Le impalcature del vicino Palazzo del Podestà diventano addirittura un’attrattiva per il debutto della kermesse: si può salire fin sui ponteggi per scoprire gli affreschi ritrovati o vedere dall’alto il panorama. Sono i lasciti del sisma del 2012 che Mantova mostra, fra rabbia e orgoglio, a chi arriva.
«Siamo stati considerati terremotati di serie B», racconta il vescovo Roberto Busti. Dalle finestre dell’episcopio in piazza Sordello si scorge la folla di fronte a Palazzo Ducale. «Per l’Italia c’è stato il terremoto dell’Emilia Romagna – ripercorre il pastore –. Eppure la paura, le sofferenze, i guasti li abbiamo avuti anche qui. Penso alle 130 chiese danneggiate. E poi guardi là...». Busti indica il campanile della basilica palatina di Santa Barbara, la chiesa che “suona” all’interno della reggia dei Gongaza. «Il cupolino era crollato. Uno sfregio diventato il simbolo della nostra bellezza ferita», nota il presule. Ci sono voluti quattro anni per risistemarlo. E la rinascita di Santa Barbara è stata l’evento che ha inaugurato la Capitale della cultura. Come a ribadire: non possiamo dimenticare. Non è un caso che una delle mostre targate Mantova 2016 sia intitolata Salvare la memoria e sia dedicata al patrimonio distrutto: dai terremoti, dalle alluvioni, dalle guerre. Ad ospitarla l’avveniristico Museo archeologico che custodisce i resti neolitici degli “amanti di Valdaro”.
La basilica di Santa Barbara con il campanile "rinato" dopo il sisma del 2012
La diocesi avrà un piccolo spazio nel programma della Capitale ma non è stata coinvolta direttamente. «La cultura – spiega il vescovo – non è tanto una serie di iniziative, quanto una bussola che aiuta a dare senso alla vita. E comprende anche la cultura del lavoro. Siamo un territorio a vocazione agricola. Tuttavia, per la chiusura di diverse imprese, la disoccupazione è cresciuta in modo preoccupante negli ultimi anni». Se ne ha una prova camminando per corso Umberto I, la via del passeggio. Troppe sono le vetrine dei negozi sbarrate dai cartoni. «Il terremoto e la crisi economica ci hanno messo in ginocchio – raccontano alla trattoria “Cento Rampini” –. Per questo vediamo nella Capitale della cultura un’occasione di riscatto».
Nell’ultima classifica nazionale sulla qualità della vita, Mantova è ancora una “nicchia” di benessere. Ma finisce nella parte bassa quando si analizza l’imprenditoria giovanile. «È il destino delle medie città d’arte», sottolinea Stefano Baia Curioni, il docente della Bocconi chiamato a dirigere Palazzo Te, la maestosa villa estiva dei Gongaza che è il maggiore polo espositivo locale. «Chi ha voglia di fare fugge», sostiene l’esperto di economia della cultura. Persino dall’università che qui c’è ma non è mai entrata a pieno titolo nel dna cittadino. Insomma un capoluogo museo? «Il rischio è reale – avverte Baia Curioni –. Perciò lo straordinario patrimonio che Mantova possiede non può ridursi a un’icona o a un relitto: deve dialogare con l’uomo di oggi».
Palazzo Te ci proverà in questo anno con la mostra Quadri da un’esposizione sul Novecento mantovano narrato da duecento opere mai uscite dai depositi o la performance La cittadinanza del corpo che vedrà il coreografo Virgilio Sieni far ballare cento mantovani il 21 e il 22 luglio. Un assaggio si è avuto domenica con uno spettacolo di danza nella Sala dei cavalli. C’è stato il tutto esaurito. E anche il museo della città di Palazzo San Sebastiano era pieno a mezzogiorno per ascoltare Bach nell’anteprima della rassegna di musica da camera Trame sonore.
Muoversi per il centro è come assaporare un continuo rimando ad altro. Non perché siamo davanti a un’identità debole: tutt’altro. Però, in quanto figlia di capitani di ventura quale erano i Gongaza, Mantova sembra capace di “rubare” alcuni tratti a luoghi vicini o lontani: ecco che, raggiungendo il cuore storico, viene in mente Matera (con cui si è appena gemellata) perché come la città dei Sassi l’aeroporto più vicino è in un’altra regione (in Veneto, a Verona) e in treno ci vogliono due ore da Milano; ecco che, entrando nelle corti, la città evoca «più la Toscana che la Lombardia», osserva Francesco, il “cicerone” che illustra l’abbandonata Rocca di Sparafucile – dal nome del sicario al soldo di Rigoletto – che il Comune recupererà e ne farà una delle opere-segno della Capitale; ecco che, salendo su un traghetto per i laghi intorno al castello, sembra di stare su un bateau-mouche a Parigi; ecco che, scalando la torre degli Zuccaro riaperta in via sperimentale, compare quasi San Gimignano, il borgo senese delle sedici torri; ed ecco che, quando a settembre si tiene il Festivaletteratura, si ha l’idea di vivere in una “repubblica delle lettere” di un Paese anglosassone.
Sulle guide Mantova viene presentata come la patria di Virgilio: ma poco si parla del poeta latino nell’agenda della Capitale. Altrettanto vale per Leon Battista Alberti, l’eclettico artista del Quattrocento che nella basilica di Sant’Andrea, concepita aperta e senza colonne interne, mostra una Chiesa “in uscita”, si direbbe con papa Francesco. Qualche traccia si ha di Antonio Bibbiena, l’architetto che qui ha realizzato un teatro barocco da favola. Ben più facile è leggere Mantova come la città dei Gongaza e di Andrea Mantegna, il pittore di corte. E per la sua Camera degli sposi si fa la coda. «Adesso i turisti sono tornati, ma dopo le scosse del 2012 non c’era un’anima», ricorda Claudia Zerbinati, di professione guida turistica. Anche lei fa continui richiami ai duchi che hanno governato la città per quattrocento anni. «Avevano scommesso sulla cultura. E oggi l’Italia dovrebbe prendere esempio da loro, visto che è ultima in Europa per investimenti in istruzione». Quanta amarezza nelle sue parole.
MILLE EVENTI FINO A DICEMBRE
Sono mille gli eventi di Mantova 2016 Capitale italiana della cultura. Sul fronte dell’arte il 23 aprile si apre a Palazzo Te la mostra Quadri da un’esposizione; dall’11 giugno al 15 settembre Palazzo Ducale ospita la mostra di disegn Abitare Gongaza; e la casa di Mantegna accoglie ogni mese una rassegna fra cui una sulla Grande Guerra. Spazio alla musica con Song for eternity di Moni Ovadia (19 e 20 aprile) al Teatro Bibiena; la kermesse Trame sonore dal 1 al 5 giugno; le crociere musicali con Monteverdi il 3 e il 4 giugno; i concerti in piazza a luglio; Rinascimento musicale virgiliano il 15 ottobre; Mantova Jazz dal 16 ottobre al 12 novembre. Il balletto sarà protagonista con Mantovadanza dal 22 al 25 aprile e la performance La cittadinanza del corpo che vedrà il coreografo Virgilio Sieni far ballare cento mantovani il 21 e il 22 luglio. Poi ci sono i festival: oltre al Festivaletteratura dal 7 all'11 settembre sono previsti Mantovarchitettura dal 29 aprile al 27 maggio; il Festival degli artisti di strada dal 6 all’8 maggio; Mantova Creativa dal 27 al 29 maggio; il Festival del teatro per bambini dal 28 ottobre al 4 novembre. Anche il paesaggio entra nell’agenda con laboratori e installazioni nel lago inferiore e i Volti della natura da scoprire in bici o in battello. Inoltre Mantova fa da sfondo alla Festa della Lombardia il 29 maggio. Infine il 7 e l’8 ottobre si tiene il convegno internazionale sulle città Unesco.