sabato 2 luglio 2011
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Da quarant’anni i Manhattan Transfer sono la «voce» del jazz. Il gruppo che meglio di altri ha portato avanti la bandiera del cosiddetto vocalese, cioè di quello stile canoro jazz in cui le parole sono adattate a melodie originariamente orchestrali.Non a caso, proprio una rielaborazione in vocalese della celeberrima The sidewinder di Lee Morgan è stata la sorpresa riservata al pubblico romano dai Manhattan Transfer, per varare il nuovo tour europeo che li vedrà impegnati pure a Milano il 5, a Sarmato (Piacenza) il 6, a Gardone Riviera l’8, a Napoli il 12, alla fortezza di Bard (Aosta) il 13, e a Pescara il 15. In bilico tra il songbook di Chick Corea, a cui hanno dedicato il loro ultimo album, e classici del repertorio di Extensions o di Brazil, Tim Hauser, Janis Siegel, Cheryl Bentyne ed Alan Paul sono nuovamente in tour di qua dall’oceano nell’attesa di festeggiare quei quarant’anni d’attività che compiono nel 2012. Una ricorrenza che non intendono certo tenere  sottotraccia.«Per il prossimo anno stiamo pensando ad uno show celebrativo che abbracci tutte le nostre canzoni preferite, comprese alcune che il pubblico non ha mai sentito» spiega la Siegel, che anticipa pure l’intenzione di condividere alcuni di questi show celebrativi con i New York Voices. Intanto però ci sono le rielaborazioni del repertorio di Corea da esplorare. «Dato che le composizioni di Chick si prestano più all’interpretazione strumentale che a quella vocale, l’incontro con la sua musica ha rappresentato una bella sfida che pensiamo di aver vinto» prosegue. «Dopo l’album-tributo ad Armstrong e questo a Corea ci stiamo guardando attorno per trovare un altro autore da riscoprire a modo nostro. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Sonny Rollins, ad esempio, potrebbe essere un’idea; incidendo Airgin in vocalese abbiamo trovato la sua musica molto nelle nostre corde».Il prossimo album del quartetto, però, dovrebbe volgere lo sguardo altrove. «Abbiamo nel cassetto alcuni brani, mai pubblicati, incisi al fianco di grandissimi come Gerry Mulligan, Joe Zawinul, Sergio Mendez, Steve Cropper, che pensavamo di riunire finalmente in un disco. Un nuovo mix di generi e esperienze diverse». Sempre che non sopraggiunga la crisi del quarantennale. «Sono anni che, ad ogni nostro nuovo tour, sentiamo dire in giro che è l’ultimo. Francamente, penso che siano voci messe in giro dai promoter a loro esclusivo uso e consumo; nonostante i rallentamenti e le pause imposte dalle rispettive vite familiari, infatti, in tutto questo tempo nessuno di noi quattro ha mai trovato una vera ragione per dire basta».
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