Una frase perentoria, inequivocabile, persino ruvida nella sua chiarezza. «Io credo che le intenzioni di Martin Lutero non fossero sbagliate: era un riformatore ». E ancora: la Chiesa di allora «non era proprio un modello da imitare, c’era corruzione, mondanità, attaccamento ai soldi e al potere. Per questo lui ha protestato ». Il 26 giugno, sul volo che lo riportava a Roma dall’Armenia, il Papa ha parlato del suo prossimo viaggio 'ecumenico' in Svezia, proponendo una lettura storica della Riforma, di cui nel 2017 ricorrono i 500 anni. Un’interpretazione, che senza negare le differenze né sminuire le tragiche conseguenze prodotte dalla frattura nel cristianesimo d’Occidente, offre un deciso sostegno al dialogo. Per dirla in altro modo, la storia, i fatti, non possono essere cancellati, però si può trarne insegnamento. Cancellare i veleni che si portano dietro, ammettere le colpe, è un deciso passo avanti sulla strada del risanamento, nel senso della purificazione della memoria, sulla via della comunione. Significa impegnarsi in quel cammino che ha portato la ricerca cattolica del XX secolo a non considerare più Lutero semplicemente come 'l’eretico' colpevole della divisione ma a riscoprirne il fervore religioso e l’intensa vita di preghiera. Passo successivo, figlio soprattutto del confronto sistematico con Tommaso d’Aquino, è la volontà di comprendere meglio la teologia di Lutero collocandola pienamente nel suo contesto storico e spirituale. Una visione d’insieme, un’analisi interpretativa in cui si colloca anche l’ultimo libro del cardinale Walter Kasper. In
Martin Lutero Una prospettiva ecumenica (Queriniana Edizioni, 80 pagine, 8 euro) l’autore, già presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, sottolinea la necessità di liberare la figura del Riformatore dalla «monopolizzazione di interessi di parte, tanto di ieri quanto di oggi» e invita «a porsi serenamente» in suo ascolto. «In passato – spiega Kasper – i cattolici hanno considerato Lutero come il grande eretico, colui che ha spaccato la Chiesa provocando effetti molto negativi, grandi sofferenze in Europa. In un’atmosfera più ecumenica studiosi come Josef Lortz, Hubert Jedin, ma anche molti altri, hanno intrapreso una revisione di questa immagine unilateralmente negativa, riconoscendo come nel Tardo Medioevo una riforma della Chiesa fosse urgente e sostenendo che la responsabilità, il dolore di vedere una riforma divenire 'la' Riforma che ha spaccato la cristianità, non può essere attribuita a una parte sola».
Nel libro lei sottolinea come Lutero non fosse ecumenico, né potesse esserlo. «Non lo era e non lo erano neppure i suoi avversari. Era un uomo del suo tempo, ancora radicato nel Medioevo, che non riconosceva il valore di una società pluralista e tollerante verso la convivenza di religioni e di Chiese diverse. La sua polemica fu dura non solo contro il Papa come anticristo, ma anche contro i giudei e i turchi, gli anabattisti e gli entusiasti. Oggi invece la libertà religiosa, la tolleranza, il dialogo sono considerati essenziali per la convivenza pacifica nella nostra società e nel mondo».
A una lettura più autentica di Lutero, a una sua nuova comprensione ecumenica ha certamente contribuito la testimonianza dei Papi. Abbiamo detto di Francesco, non si può dimenticare il viaggio di Benedetto XVI, nel 2011 a Erfurt dove ha sottolineato come la persona e la teologia del padre della Riforma, rappresentino una sfida spirituale e teologica per i cattolici. «Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno riconosciuto l’istanza religiosa di Lutero, la centralità, nella sua vita, della questione su Dio e su Gesù Cristo. La rottura tra le Chiese del resto non è stata mai totale, è rimasta una base comune, pilastri su cui oggi possiamo costruire ponti. Innanzitutto, tramite il Battesimo, malgrado ciò che ci divide, siamo cristiani, fratelli e sorelle fondamentalmente uniti nel corpo di Cristo. Tanto che oggi anche noi cattolici cantiamo alcuni inni di Lutero».
Il clima è cambiato, dalla polemica si è passati al dialogo. Che non significa dimenticare le diversità. «Inutile dire che il dialogo ecumenico non nega le differenze. Anzi per dialogare è necessario che le persone siano convinte di quel che sono, disponibili però ad ascoltarsi, a imparare le une dalle altre. In questo modo il vero dialogo, come l’ha definito Giovanni Paolo II, è uno scambio non solo di idee ma di doni. Significa che possiamo arricchirci a vicenda. Per esempio i cattolici hanno imparato dagli evangelici l’importanza della Parola di Dio e della Bibbia, i protestanti hanno imparato dai cattolici l’importanza del simbolismo sacramentale e della liturgia».
Differenze, però ne restano ancora.. «Sulla controversia più accesa di allora, quella sulla giustificazione del peccatore abbiamo raggiunto un fondamentale consenso. Nondimeno ci sono ancora punti controversi, in cui abbiamo raggiunto avvicinamenti importanti, ma non ancora un consenso sufficiente. Penso alla comprensione della Chiesa e del sacerdozio ministeriale, al ministero petrino, alla venerazione della Madonna e dei santi».
Il 500° anniversario della Riforma viene visto come un’occasione importante per far crescere la comprensione e la collaborazione reciproche. Cosa dobbiamo aspettarci dal viaggio del Papa a Lund, in Svezia, il prossimo 31 ottobre? «La riscoperta di Lutero va inquadrata nell’Anno della misericordia, misericordia tra cristiani e con gli uomini del nostro tempo che soffrono per i conflitti e sono bisognosi di riconciliazione e pace. In questo senso l’incontro di Lund sarà un segno fortissimo di come le Chiese oggi siano impegnate per la causa dell’unità e della pace».
Siamo partiti dalla nuova lettura che il XX secolo ha dato di Lutero, dal desiderio di rinnovamento e conversione che portò avanti. Forzando un po’ il linguaggio e le immagini, le sue potrebbero rientrare tra le istanze della nuova evangelizzazione? «Nel nostro tempo fortemente secolarizzato ciò che allora era patrimonio comune delle società, la fede in Dio, in Gesù Cristo, l’importanza dei comandamenti, non è più condiviso da tutti, anzi, talvolta è seguito solo da una minoranza. In molti Paesi i cristiani sono oppressi e perseguitati non perché cattolici, protestanti o ortodossi, ma semplicemente perché sono cristiani. Papa Francesco parla di ecumenismo del sangue. In questa situazione la nuova evangelizzazione è una sfida comune. Giustamente il Concilio Vaticano II ha ribadito che la divisione dei cristiani «danneggia la più santa delle cause», l’evangelizzazione appunto, «la predicazione del Vangelo a ogni creatura».