«Parlare di rivoluzione nella tv è sempre un azzardo». Luca Barra guarda con interesse all’arrivo di Netflix in Italia, ora disponibile per le famiglie della Penisola. Ma non vuole cedere al facile entusiasmo. Docente di Sistemi dei media internazionali all’Università Cattolica di Milano, Luca Barra è uno specialista del palinsesto a cui ha dedicato il suo ultimo libro Palinsesto. Storia e tecnica della programmazione televisiva (Laterza). Palinsesto che in un certo senso è il simbolo della televisione tradizionale che il colosso americano della tv via internet si propone di cancellare.
Netflix sarà un “big bang” per la tv italiana? «Dagli anni Novanta, e forse ancora da prima, si annuncia a scadenze regolari la morte della televisione. Netflix ha costruito la sua comunicazione garantendo fin dal suo primo promo italiano che “non sarà più la solita storia”. In realtà la sfida è più complessa e articolata».
Com’è il sistema dei media che incontrerà Netflix?
«Già molto ricco. Il pubblico può contare su centinaia di canali generalisti e tematici, sulla tv a pagamento in digitale terrestre e via satellite, su servizi on demand forniti da operatori presenti in Italia che hanno fatto “Netflix prima di Netflix”: TimVision, Infinity di Mediaset, Sky online. Certo, la piattaforma Usa ha numerosi punti di forza: la potenza del brand sulla scena internazionale; la facilità di utilizzo del sistema; il basso prezzo di abbonamento se comparato alle pay-tv».
In Francia Netflix è sbarcato di recente ma i risultati non sono stati soddisfacenti. Perché? «La società, anche per ottenere visibilità sui media, ha cavalcato l’onda del suo successo statunitense e ha creato molte attese, difficili poi da mantenere con la sua offerta. È accaduto in Francia ma anche in altri Paesi europei. E forse succederà in Italia».
Come valuta la sua “libreria” di titoli? «Sono molto curioso, vedremo. Però alcune sue produzioni di spicco, come House of cards, non si vedranno su Netflix perché ha già ceduto i diritti a società che adesso risultano le dirette concorrenti, come Sky. Inoltre il catalogo almeno all’inizio sarà debole sui contenuti italiani: non sono previsti molti film o fiction nazionali».
La piattaforma Usa spegnerà la vecchia tv? «Non lo credo. Da sempre la televisione è tante cose insieme: i film e le fiction, ma anche le partite di calcio, il telegiornale della sera, i talk, i programmi-evento. Se Netflix potrà riuscire molto bene a soddisfare il bisogno di vedere pellicole e serie quando lo vogliamo, la tv tradizionale continuerà a svolgere egregiamente altri compiti».
Neppure il palinsesto scomparirà? «Il palinsesto è stato capace di adattarsi a molteplici situazioni storiche: dalla tv fatta di un solo canale a quella del duopolio, fino al digitale. La programmazione lineare permette di creare riti condivisi. Se desidero parlare di quanto ho visto in tv al lavoro e con gli amici o commentare un programma sui social network, posso farlo soltanto grazie alla tv tradizionale».
Allora che cosa sarà Netflix? «Sarà servizio complementare, ossia un modo diverso di approcciarsi a contenuti particolarmente pregiati. Ma non riuscirà a sostituire fino in fondo anche quella voglia di sederci sul divano davanti al televisore facendo zapping senza sapere bene che cosa troveremo, lasciandoci sorprendere di volta in volta da quanto va in onda».