Ha il viso dolce, come gli angeli di Melozzo da Forlì: biondo, riccio, le sue mani volano sulla tastiera da quando era un bambino. È Jan Lisiecki, canadese, famiglia di origine polacca. A sedici anni, e insieme alla torta di compleanno nel marzo scorso ha ricevuto un contratto con la Deutsche Grammophon: non era mai successo ad un artista così giovane. Una buona occasione per sentirlo dal vivo sarà domani sera, ore 21,15, al Festival di Santo Stefano a Bologna (unico concerto in Italia quest’anno). Lisiecki suonerà due
Preludi e
Fughe di Bach, la
Sonata op. 78 di Beethoven,
Tre Studi da
Concerto di Liszt, le
Variations Sérieuses di Mendelssohn e i
12 Studi op. 25 di Chopin. Lui è un ragazzo normalissimo, lo trovate su Facebook, chiacchiera volentieri via computer con i suoi coetanei, ma nel 2010 ha tenuto una ventina di concerti nei teatri più importanti del mondo.
Forse le farà effetto, ma per correttezza va chiamato maestro. Dunque, maestro, come fa alla sua età a conciliare una carriera così intensa con la vita «normale»?Ho finito la scuola superiore, con qualche anno di anticipo. Prima però, avevo delle priorità: la scuola veniva per prima e la musica subito dopo. Ho amici nel mondo della musica, ma ho anche amici "normali" in tutto il mondo! Mi piace molto questa citazione di Arthur Rubinstein «non esiste una formula per il successo, eccetto, forse, l’accettare incondizionatamente la vita e quello che essa porta».
È vero che ama soprattutto Chopin?«Amo molti compositori, ognuno dei quali offre qualcosa di bello, ancorché di differente. Una composizione di successo ha la capacità di portarci in un mondo diverso e quando torniamo qualcosa in noi è cambiato: abbiamo una migliore comprensione delle ragioni della nostra esistenza e accettiamo la nostra mortalità. Mi sento vicino a Chopin: i miei nonni vivono in Polonia, io parlo polacco. Forse per questo Chopin mi riesce naturalmente, ma ho un grande amore e ammirazione anche per Mozart e la mia prima registrazione per la Deutsche Grammophon sarà dedicata ai
Concerti per pianoforte n. 20 e 21 di Mozart».
Ha scelto lei il programma che eseguirà a Bologna?Sì. Mi piace scegliere i programmi, è come un puzzle all’inizio, poi, quando tutto va a posto, è un bel quadro. Cerco sempre di presentare un tema particolare o un concetto.
Cos’è la musica per lei?La musica ha infinite possibilità, colori e variazioni. È anche qualcosa che le persone di tutto il mondo capiscono e alla quale partecipano, ma la cosa affascinante è che noi non possiamo capire il potere della musica completamente.
È vero che non le piace essere definito «ragazzo prodigio»?È vero. Quel termine non lo sopporto proprio. Ho iniziato a suonare il pianoforte a 5 anni e a nove ho cominciato a fare concerti. Tutto qui.