Dopo aver conquistato con successo i cinema, la nuova frontiera del
live streaming della lirica è trasformare il salotto di casa in un teatro. Non si tratta della riproposizione della “vecchia” fruizione in Dvd: il principio ora è replicare lo spirito dell’evento che ha contribuito al successo dell’opera nelle sale cinematografiche. L’antica arte sta trovando un alleato nelle nuove tecnologie digitali: da una parte la diffusione della banda larga, dall’altra la sempre maggiore diffusione delle
smart-tv o per lo meno di grandi schermi ad alta definizione connessi a internet via computer. E così l’opera la guardi e l’ascolti in diretta web dal divano, con immagini e audio di qualità. Se infatti ormai quasi tutti i teatri offrono sui propri canali YouTube estratti, retroscena, interviste e, più raramente, produzioni integrali (il Covent Garden, ad esempio, ha pubblicato l’Orfeo di Monteverdi e Król Roger di Szymanowski), diverse realtà si sono dotate di proprie web tv che propongono in
live streaming almeno una recita per ogni produzione. Con numeri importanti. È il caso ad esempio della Staatsoper di Monaco, tra le prime a offrire il servizio nel 2011. Ogni stagione vengono proposte dieci esibizioni, senza costi per il pubblico. «La gratuità è per noi una questione di responsabilità culturale», racconta Christoph Koch, direttore del progetto. Le trasmissioni avvengono con audio e video in alta qualità: «Lo scopo è rendere accessibile l’opera a più persone possibile. Non tutti possono venire in teatro: per ragioni economiche o perché vivono lontane. Con lo
streaming raggiungiamo tutto il mondo». Il numero degli spettatori fluttua a seconda del tipo di repertorio: «Nell’ultima stagione si va dai venticinquemila dell’Affare
Makropulos di Janácek fino agli ottantamila del
Trovatore con Kaufmann». Cifre che vanno lette come sottostime: il pubblico del web si conteggia in visitatori unici, ma è lecito pensare che spesso davanti allo schermo ci sia più di una persona. «Anche le provenienze sono molto diverse: alcune opere hanno più ascolti negli Stati Uniti, altre nell’Estremo Oriente. Non è problema di repertorio, più spesso le motivazioni stanno nel cast. Se un cantante ha molto seguito in Giappone, lo
streaming registrerà un picco a Tokyo». Pochi dall’Italia: ed è una costante in quasi tutti i casi esaminati. È invece una stagione operistica europea online “The opera platform”, progetto curato da “Opera Europa”, associazione che raggruppa 155 teatri e festival lirici, in collaborazione con il canale tv Arte. Quindici teatri (tra cui Covent Garden, la Monnaie di Bruxelles, l’Opera di Lione, il Festival di Aix, l’Opera di Oslo) di dodici Paesi, ogni mese propongono a turno alcuni titoli in diretta (che restano disponibili
on demand per altri sei mesi), mentre online è possibile trovare
highlight delle produzioni, documentari e contenuti speciali. «I teatri – spiega Luke ’Shaughnessy, project manager di “The opera platform” – sono stati scelti per rappresentare un campione della diversità dell’opera oggi in Europa. Abbiamo selezionato teatri molto conosciuti accanto ad altri meno noti. Ci sono teatri che già trasmettevano in
streaminge altri che lo effettuano per la prima volta. Questo progetto intende aiutare il settore dell’opera a sviluppare le sue capacità nel campo delle iniziative digitali». Tra i quindici teatri il solo italiano è il Regio di Torino. «È stato scelto come esempio di teatro italiano con una lunga storia di eccellenza artistica e una significativa esperienza nella realizzazione di registrazioni audiovisive». Tra gli altri contributori (una ventina in tutto, che mettono a disposizione estratti del loro catalogo di produzioni) ci sono anche il Rossini Opera Festival, il Comunale di Bologna, il Teatro Massimo e il Teatro Sociale di Como con AsLiCo. “The opera platform” è partito l’8 maggio scorso con
La traviata da Madrid. Nel primo mese ha avuto 227mila visitatori unici e sono stati visti 170.466 video, l’82% dei quali per intero. La base del pubblico è europea (il 76,36 %), con 25mila visitatori dalla Germania, 24mila dal Regno Unito, quasi 21mila dalla Finlandia. Dall’Italia 11mila, poco più della Francia (10.462). Quasi il 12% del totale del pubblico del sito risiede in Nord America. L’unico teatro italiano a proporre il
live streaming dei propri titoli è il Carlo Felice (anche Cagliari nel 2014 ha aperto un canale su streamera. tv ma non l’ha mai utilizzato per trasmettere opere). La fondazione lirica genovese ha avviato le trasmissioni addirittura nel novembre 2010. Nell’ultima stagione sono stati oltre centomila i contatti unici: di questi ultimi solo il 18% è italiano. La platea è distribuita su 120 nazioni. I Paesi esteri con più pubblico sono Stati Uniti e Giappone, entrambi con l’8%. L’opera con più ascolto è stata
Lucia di Lammermoor, con novemila contatti. Il teatro, in corrispondenza con le trasmissioni, lavora molto sui social network, dove si è costituita una comunità piuttosto attiva. Una volta trasmessi in diretta, gli spettacoli di Genova entrano nel catalogo di “StreamOpera”, portale italiano che vende
streaming on demand. Nato due anni fa, ha all’attivo circa trecentomila diversi utenti provenienti da 168 Paesi, con oltre 1.300.000 pagine visualizzate. «Il pubblico maggiore – spiegano i responsabili del sito – è straniero: America, Giappone, Spagna, Brasile...». Il catalogo vede diversi teatri italiani ed esteri (Londra, Barcellona, Liegi). Il costo per
streaming è di 3,99 euro. Un altro portale di questo tipo è medici.tv (in questo caso non solo dedicato all’opera ma a tutta la classica in generale): offre un centinaio di titoli in diretta all’anno e 1.500 film ad accesso illimitato al costo di 9,90 euro al mese. Il solo teatro che propone lo
streaming a pagamento è la Wiener Staatsoper, che trasmette online dall’ottobre 2013. Nell’ultima stagione ha offerto un programma di quaranta recite; ogni spettacolo costa 14 euro. La politica è precisa: «Nel 2012 – fanno sapere da Vienna – dopo tredici anni di declino, il mercato musicale globale è cresciuto di nuovo per la prima volta . L’inversione di tendenza è stata resa possibile dalla enorme crescita del digitale. La scelta di un programma a pagamento non serve solo ad aprire nuovi flussi di reddito per il teatro dell’opera e dei suoi artisti, ma anche per inviare un forte messaggio: l’arte internazionale su piattaforma digitale ha un valore, e deve di conseguenza essere pagata». Sarà questo il futuro per tutti?