Visto da Cortona il problema più grosso che affligge la musica classica in Italia non si chiama tagli al Fus, ma politica. «Se alla guida di teatri e istituzioni musicali ci fossero artisti e non dirigenti piazzati dai politici le cose certo andrebbero meglio» . La cruda diagnosi la traccia Barret Wissman, patron del Tuscan sun festival che lunedì apre i battenti nella cittadina toscana, ma soprattutto titolare della Img, grande agenzia artistica specializzata nella musica classica. «Lavoro nei teatri di tutto il mondo – dice –, ma solo in Italia mi capita di avere a che fare con persone che devono tenere conto più delle ragioni della politica che di quelle della musica».
Un’accusa pesante, Wissman. Tanto più se arriva dal titolare di una delle principali agenzie artistiche internazionali. Non le nascondo le difficoltà che incontro a lavorare in Italia dove i teatri ormai sono un circolo chiuso. Primo perché sovrintendenti e direttori artistici sono sempre gli stessi: oggi li puoi trovare a Genova, tra un anno a Roma, tra due a Palermo indipendentemente dal fatto che abbiano lavorato bene. Secondo perché i teatri invitano sempre gli stessi interpreti. Al Covent Garden di Londra o al Metropolitan di New York scelgono gli artisti in base alle esigenze dei titoli in cartellone e non perché sono appoggiati da questo o da quel politico.
In Italia, però, in molti lamentano il fatto che i teatri sono in balia delle agenzie artistiche che impongono cantanti e direttori. Verissimo. Ma mi dispiace dirlo, questo è un altro malcostume tipicamente italiano. A Cortona riesco a radunare nel giro di una settimana nomi come Angela Gheorghiu, José Cura, Elina Garanca, Anna Netrebko, Joshua Bell, ma quando si tratta di lavorare con i teatri devo scontrami con gruppi potenti che impongono i loro musicisti.
Non sarà anche questione di cachet: i nomi che ha fatto sono noti per i loro compensi non proprio economici. Certo a Cortona questi personaggi accettano un cachet piccolo, in Italia direste la minima sindacale: stessa paga per la grande star della lirica come per il giovane musicista debuttante. Ma le ragioni che attraggono gli artisti in Toscana sono altre: la natura, il paesaggio, l’arte italiana e la possibilità di misurarsi con progetti che durante l’anno, presi dagli impegni, non riescono a realizzare.
In tempi di crisi questo modello non potrebbe essere applicato anche a teatri lirici e orchestre sinfoniche alle prese con ingenti buchi di bilancio? Potrebbe essere un’idea. Anche se sono convinto che il grosso del deficit non sia dovuto ai compensi degli artisti: ho visto personalmente i bilanci di molti teatri e sono rimasto sconcertato.
Chi le piacerebbe fare ascoltare al pubblico italiano? Il soprano russo Ekaterina Scherbacenko, che di recente ha cantato Onegin alla Scala. Il violinista 14enne Chad Hoopes il cui suono ricorda quello di Heifetz. O il pianista Conrad Tao, giovane americano di origini cinesi, che alla tecnica fenomenale di Lang Lang unisce l’intelligenza musicale di Radu Lupu. E tra i direttori sicuramente Teodor Currentzis, nato in Grecia e ora direttore dell’Orchestra di Novosibirsk in Russia: in molti parlano di lui come il nuovo Gergiev.
Per ora a Cortona si è assicurato il debutto italiano di Anthony Hopkins nelle vesti di compositore. Quando il grande attore mi ha confidato che per lui recitare è un lavoro, mentre scrivere musica la passione di tutta una vita l’ho invitato subito al festival che sogno come un luogo dove si possa creare un dialogo tra le diverse arti.
A proposito, l’anno scorso Robert Redford aveva annunciato l’arrivo a Cortona del suo Sundace festival. Che fine ha fatto il progetto? Ha subito un rallentamento per via del cambio ai vertici della fondazione che promuove la rassegna cinematografica. Ma ho parlato di recente con Redford e pensiamo di partire già nel 2010. Sopra, il Tuscan Sun Festival a Cortona.