Ligabue in concerto all'Italghisa di Reggio Emilia (Ansa)
Ci sarà tempo per San Siro, l’Olimpico di Roma e gli altri sette stadi del tour estivo, da Bari a Firenze, da Torino a Messina. Ma il punto di partenza di Start, il nuovo album di Luciano Ligabue, è l’Italghisa di Reggio Emilia, una ex fonderia convertita tanti anni fa in discoteca. Qui il bar-Mario - lo storico fanclub - organizzò il suo primo raduno, nel 1992. Alcuni sono da allora suoi «compagni di viaggio» (per citare Luci d’America, il primo singolo estratto dal nuovo album), altri, soprattutto i più giovani, si sono aggiunti lungo il cammino. Per cento di loro, i fortunati estratti, un concerto dalle dimensioni e dal sapore di una festa tra amici, a pochissimi metri dal proprio mito.
Un evento promozionale? Sicuramente, ma non una forzatura: è nello stile di Ligabue abbinare le folle oceaniche di Campovolo all’elogio della "sua" Correggio, i riferimenti ai grandi del rock (Buon compleanno Elvis, 1995) alle storie di paese, lambrusco e popcorn. " Tra la via Emilia e il West", verrebbe da dire rubando il titolo di un album al «maestro» Francesco Guccini.
Ecco quindi che, prima della tournée, ha senso anche una domenica all’Italghisa. Tutti dentro, allora a parte chi, pur non estratto, si è macinato centinaia di chilometri per accompagnare un’amica o anche solo nella speranza di rubare un selfie. Dentro, il Liga diverte e si diverte, e con lui tutta la band, a partire dagli storici chitarristi Max Cottafavi e "Capitan" Fede Poggipollini. Le dieci canzoni di Start scivolano una dietro l’altra: da Polvere di stelle, un gioco di riflessi tra due persone che si amano («Ho bisogno di te / che hai bisogno di me / per cambiare il tuo mondo») a Certe donne brillano, il cui video è stato girato proprio all’Italghisa. La cattiva compagnia sembra quasi una risposta a chi accusa Ligabue di non essere più quello di 25 anni fa (e d’altra parte, chi di noi è lo stesso di 25 anni fa?). Il suono è di quelli belli carichi, e se si dovesse mantenere la stessa energia anche in un ambiente aperto e dispersivo come quello di uno stadio, be', tanto di cappello.
Quello che mi fa la guerra (che, prosegue la canzone, «ha quella faccia che ho/ quelle scarpe in cui sto») è una delicata riflessione sul fatto che in molte situazioni i nostri nemici siamo noi stessi, e non vale quindi la pena cercare colpevoli fuori. Il pubblico dell’Italghisa apprezza e risponde con affetto, Ligabue di tanto in tanto si concede qualche battuta, scherzando sull’età dei suoi primi fan o su chi non ha imparato le parole di tutti i nuovi pezzi («Vi tengo d’occhio, eh»).
Poi, risparmiandosi il rituale dell’artista che esce e, acclamato, si concede un ulteriore finale, annuncia cinque pezzi “storici”. Mantiene subito la parola con Questa è la mia vita, Quella che non sei, Una vita da mediano e, prima di chiudere con Tra palco e realtà, Balliamo sul mondo, scritta nel 1990 e suonata al primo raduno all’Italghisa. Proprio qui, in uno dei suoi primi Start.