mercoledì 13 marzo 2019
Alle Scuderie del Quirinale un'esposizione indaga le ricerche tecniche e il mito moderno di da Vinci mettendone in luce il ruolo di precursore rispetto al grande fisico e astronomo pisano
Leonardo, genio scientifico in anticipo anche su Galilei
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La scienza moderna, si sa, nasce con Galileo Galilei. Prima di lui, in molti campi del sapere, vigeva l’ipse dixit con vari riferimenti a Galeno, a Tolomeo e, soprattutto, ad Aristotele. In altri termini, ci si rifaceva alla scienza consolidata dall’autorevole tradizione dell’antichità che, in quanto tale, non aveva bisogno di ulteriori verifiche. La posizione di Galilei, invece, era molto diversa e fu esplicitata, oltre che nel corso della sua vita di studi, in un’opera centrale, come i Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze pubblicato a Leida nel 1638. Il testo iniziava con la nota descrizione dell’attività all’interno dell’Arsenale di Venezia, dove si costruivano le navi della Serenissima, con la frequenza di una galea al giorno. Qui, infatti, lo scienziato poteva vedere applicati quotidianamente i principi della fisica meccanica e, dunque, aveva agio di osservare sperimentalmente quanto teorizzato. È infatti questo il punto di discrimine fra la scienza antica e quella moderna: l’esperimento che può modificare la teoria enunciata. Bene, prima di Galileo, un altro genio toscano aveva inaugurato questa strada: Leonardo da Vinci.

Non è un caso che la bella mostra inaugurata ieri alle Scuderie del Quirinale ( Leonardo da Vinci. La scienza prima della scienza, fino al 30 giugno) ponga l’accento su questo tema e attribuisca al grande Vinciano il primato di questo nuovo modo di pensare. L’esposizione, progettata per le celebrazioni del cinquecentenario della scomparsa di Leonardo (2 maggio 1519) è un viaggio nella mente di uno dei più grandi geni della Storia. Anzi, sembra che Claudio Giorgione del Museo Nazionale Scienza e Tecnica Leonardo da Vinci di Milano, autore di varie pubblicazioni sul genio vinciano, e raffinato curatore di questa mostra, sia partito proprio da Galileo perché la gran parte dell’esposizione s’incentra sullo studio e la realizzazione delle macchine che Leonardo progettò, ma raramente costruì, nel corso della sua vita.

La prima indicazione che viene fornita lungo un itinerario dalla vocazione eminentemente didattica, ma basato su un rigorso metodo scientifico, è quella di chiarire che Leonardo muoveva i primi passi in un mondo che vedeva il proliferare di architetti e ingegneri di altissimo livello, come Brunelleschi, Leon Battista Alberti, Taccola ossia Mariano di Jacopo, senese come Francesco di Giorgio Martini che completa questo poker d’assi. Figlio del suo tempo, Leonardo, però, riesce a coniugare la capacità artistica con quella progettuale, come dimostra lo splendido disegno di un Argano a leva, disegnato secondo un metodo che si chiamerebbe modernamente “esploso”, ovvero tale da far vedere a colpo d’occhio le componenti del meccanismo e la loro collocazione funzionale. Siamo però nel 1478, 1480, ossia poco meno di tre secoli prima dell’Encyclopedie di Diderot e Dalembert, quando questa modalità fece la sua timida apparizione.

Così, la prima sezione è dedicata, per così dire ai colleghi, per stabilire affinità e differenze, mentre la seconda prende in considerazione l’antico perché la tradizione, allora, era sempre il punto di partenza per ogni ricerca a cominciare da quelle architettoniche e anatomiche (volutamente, quest’ultime, limitate ad alcuni accenni) che vedevano in Vitruvio uno dei prinipali punti di riferimento. Si può allora ammirare la declinazione sull’Uomo Vitruviano che coinvolse figure come Francesco di Giorgio Martini, Cesare Cesariano e Antonio Averluino, meglio noto come il Filarete, di cui è presente uno straordinario codice della Marciana di Venezia, realizzato per Mattia Corvino. Il senso delle proporzioni che è alla base della ricerca architettonica e anatomica conduce diretti alla terza sezione dedicata al tema della prospettiva, non solo con l’impiego di prospettigrafi a vetro o a velo, ma con l’analisi delle conoscenze geometriche sui solidi che costituiscono l’argomento principe del celebre testo di Luca Pacioli, presente in mostra.

Si può sfogliare, così, virtualmente il De divina proportione, con l’emozione di avere accanto l’originale, per un tuffo irripetibile nel mondo di Leonardo che fu l’autore delle illustrazioni. Dallo studio della prospettiva alla città ideale e alle sue vie prospettiche il passo è breve ed è infatti questo l’argomento della quarta sezione che, però, si declina anche con lo studio idraulico delle vie d’acqua che Leonardo curò per i Navigli di Milano all’epoca di Ludovico il Moro. Del resto, il rapporto con il potere, è stato una costante nella vita del grande Vinciano che pose la sua scienza militare (splendido il disegno della Biblioteca Ambrosiana, dal Codice Atlantico, f. 33, con i due mortai che sparano proiettili esplosivi) e civile, piegata verso l’intratte-nimento teatrale.

Bella la ricostruzione a grandezza naturale del carro semovente che non va certo interpretato come prefigrazione dell’automobile, ma come macchina teatrale, scenografica. Una sezione importante è quella della dedicata alla biblioteca di Leonardo che arrivò a possedere 150 volumi, di cui sono in mostra edizioni compatibili con la cronologia leonardesca, come le Favole di Esopo, con deliziose xilografie, oltre al celebre De sphera di Sacrobosco proveniente dalla Biblioteca Estense che, da solo, vale una visita alla mostra. Un’ulteriore sezione è dedicata agli esperimenti sul volo e agli studi della dinamica degli uccelli che diventano spunto per la costruzioni d’ipotetici areomobili appena schizzati sui fogli degli appunti leonardeschi, come la Vite aerea del manoscritto B di Parigi. Corredata da un bel catalogo edito da L’Erma, con autorevoli interventi di grandi specialisti come Frank Zöllner, l’esposizione si conclude con una sezone sull’inevitabile quanto gradito mito di Leonardo.

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