Nel 2014, cresce la produzione italiana, ma con budget ridotti. Pochi i dati positivi trasmessi ieri durante la presentazione de
Il Rapporto 2014. Il Mercato e l’Industria del Cinema in Italia, l’analisi complessa e ben articolata a cura della Fondazione Ente dello Spettacolo. E anche se l’Italia conquista la decima posizione mondiale per produzione di ben 201 film (la prima in classifica è l’India con 1966 produzioni all’anno) i dati non mentono e ci sono meno investimenti nel cinema italiano e il pubblico spende sempre di meno in sala. «A fronte dell’aumento della produzione, diminuiscono le coproduzioni tra l’Italia e l’Europa, tra l’Italia e gli stati non Europei», spiega Redento Mori, consulente scientifico dello studio. «La contrazione del business colpisce le piccole sale, ma anche le multisale che nel 2014 che hanno perso in media più di 77mila euro di ricavi. Le indagini sulla frequentazione delle sale cinematografiche presentano risultati nettamente inferiori per le Regioni del Sud Italia, rispetto al Centro e al Nord non è scorretto dire il cinema è la forma di intrattenimento di gran lunga preferita e praticata nel Sud Italia rispetto a tutte le altre attività di spettacolo e culturali». Positivi e allo stesso tempo negativi sembrano essere i numeri del tax credit. L’evoluzione del credito d’imposta a favore del finanziamento delle produzioni cinematografiche ha subito un aumento significativo: nel 2007 il credito d’imposta era pari quasi a 20mila euro fino ad arrivare a 96mila euro nel 2013: il 2014 la cifra investita è ben superiore per 115mila euro. «Il contributo pubblico cresce attraverso il tax credit – prosegue Mori – ma il rischio è che questa sia, nel futuro, l’unica modalità contributiva per la produzione di film e che il cinema italiano sia costretto a inventare il suo modello di business film per film». Dura e sincera la posizione di Nicola Borrelli, direttore generale per il Ministero per i beni e le attività culturali, partner dello studio: «C’è bisogno che lo Stato faccia la sua parte ma non possiamo continuare a pensare che gli investimenti continuino a calare e che si mantenga la stessa qualità creativa. Alcuni dati manifestano che abbiamo un settore industriale vivo, ma non possiamo accontentarci. La quota di mercato raggiunta dal cinema italiano è del tutto insoddisfacente. Il numero di operatori del mercato sta diminuendo in linea con la crisi dell’economia generale. Ci accontentiamo dell’Oscar per
La grande bellezza di Paolo Sorrentino, delle vendite estere della serie
Gomorra, ma dimentichiamo che il cinema conosciuto nel mondo è quello di Federico Fellini. Dobbiamo imparare a esportare serie e format, come stanno facendo Paesi europei come l’Olanda e la Danimarca. E come prima apertura allo studio del mercato estero il
Rapporto, per la prima volta, presenta un focus dedicato a un Paese straniero per «fornire – come ha evidenziato don Davide Milani, neopresidente della Fondazione Ente dello Spettacolo – un quadro completo tanto sui Paesi protagonisti del settore, quanto sulle cinematografie emergenti. Abbiamo scelto Cuba proprio nell’anno della distensione delle relazioni internazionali tra Cuba e gli Stati Uniti, e in generale con l’Occidente. Nell’anno della distensione delle relazioni internazionali tra Cuba e gli Stati Uniti, e in generale con l’Occidente, grazie anche all’impegno di papa Francesco che si è fatto promotore di un messaggio di dialogo e di riconciliazione, abbiamo voluto rivolgere la nostra attenzione al cinema cubano e alla sua industria culturale, in collaborazione con il Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano di Cuba».