Ritengo che sentendo fare il nome di Posidonio, la stragrande maggioranza delle persone, anche di quelle acculturate, avrebbe la medesima reazione del manzoniano don Abbondio che, rimuginando fra sé e sé sul nome del filosofo Carneade, si pose la fatidica domanda: «Chi era costui?». In effetti, non v’è dubbio che la figura di Posidonio di Apamea sia ben poco conosciuta, e ciò che a tale proposito colpisce in modo particolare è il fatto che questo pensatore, nato in Siria fra il 140 e il 130 a.C. e morto poco dopo il 51 a.C., raggiunse in vita una notorietà eccezionale: per andare a Rodi ad ascoltare le sue lezioni si mossero da ogni parte della Grecia e addirittura da Roma, e persino uomini del calibro di Cicerone e di Pompeo vollero recarsi da lui per abbeverarsi alla sua sapienza. Miska Ruggeri, che di recente ha curato una bella edizione dei
Frammenti etnografici, scritti fra i più originali di Posidonio, non teme di paragonarlo a Leonardo da Vinci e di considerarlo, fra gli antichi, secondo soltanto ad Aristotele quanto ad ampiezza e varietà di studi e competenze. Per tale ragione, definire Posidonio “solo” come uno degli esponenti del Mediostoicismo rischia di essere riduttivo: egli fu certamente un filosofo di non trascurabile valore, ma la sua cultura enciclopedica gli permise di lasciare una traccia importante in vari altri campi dello scibile, come attestano proprio i
Frammenti etnografici. Afferma Ruggeri: «Posidonio si interessa a tutti i popoli che circondano il mondo greco-romano. I suoi frammenti etnografici ci inducono a pensare che l’incontro barbari-mondo greco-latino sia stato uno dei capisaldi della sua opera storico-geografica. Posidonio è uno dei rarissimi storici antichi a oltrepassare le frontiere del mondo greco-latino e a usare lo stesso metodo al di qua e al di là di tali frontiere, senza quei pregiudizi che talvolta avevano bloccato Polibio». Attratto specialmente dalle popolazioni celtiche e germaniche, Posidonio dedicò a esse gran parte delle sue indagini, nelle quali non trascurò mai di valutare l’azione del clima e dell’ambiente, le parentele linguistiche, le somiglianze dei costumi, le abitudini sessuali, gli usi alimentari, le istituzioni politiche, l’organizzazione del lavoro e molte altre componenti della loro vita. Per quanto fortemente assorbito dalle sue ricerche, egli rimase fedele al verbo stoico, non dimenticando mai che, come si legge in un frammento, il fine dell’esistenza «consiste nel vivere contemplando la verità e l’ordine del tutto, cercando di consolidare tale verità nel limite del possibile, senza farsi dominare dalla componente irrazionale dell’anima».
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FRAMMENTI ETNOGRAFICI a cura di Miska Ruggeri La Vita Felice. Pagine 192. Euro 12,50