martedì 28 gennaio 2025
Domani nell’oratorio di Rozzano (Milano) sarà allestito per un giorno un quadrato. È la ripresa del rapporto, un tempo stretto, tra pugilato e religione. In funzione sociale
Federica Guglielmini e Dome Bulfaro, che hanno fondato il movimento dei Colpitori

Federica Guglielmini e Dome Bulfaro, che hanno fondato il movimento dei Colpitori - Beatrice Corsini

COMMENTA E CONDIVIDI

Il maestro è nell’anima. E anche un po’ il pugile. Le parole di Paolo Conte, sparring partner del jazz e della canzone d’autore, si sposano bene con l’approccio culturale che anima l’iniziativa “Un gancio da Dio” che si terrà domani a Rozzano, nell’hinterland milanese. Per un giorno nell’oratorio sarà allestito un ring, il primo al Nord e il secondo in Italia, con l’obiettivo di renderlo permanente: l’unico infatti è per ora presente nella parrocchia del rione Sanità a Napoli. Un’iniziativa che, oltre alla valenza culturale, ne ha anche una educativa, sociale e religiosa, a servizio di una delle tante periferie difficili del nostro Paese. A organizzarla sono don Luigi Scarlino (pastorale giovanile di Rozzano) e il movimento dei Colpitori, fondato da Federica Guglielmini (educatrice, scrittrice e direttrice di “Boxe Mania News”) e Dome Bulfaro (docente, poeta e artista). Il nome del movimento, spiega Guglielmini, deriva dal fatto che poeti e pugili hanno la necessità di colpire, di lasciare il segno, di non passare inosservati. Il pugile canalizza la violenza - che c’è in ognuno all’interno di sé, la regola e la trasforma in opera d’arte. «Non è un caso che la boxe sia lo sport più raccontato. E che possa contribuire a risvegliare una coscienza collettiva», sottolinea Guglielmini. Innumerevoli sono i poeti, gli scrittori, i cineasti e gli artisti figurativi che si sono ispirati a questa disciplina. Per la letteratura come non citare i nordamericani London, Hemingway, Mailer, i sudamericani Soriano e Sepulveda, il nostro Pier Paolo Pasolini. Quest’ultimo incrociò i guantoni in una polemica con Giovanni Arpino in occasione dell’incontro tra Benvenuti e Griffith nel 1968. Fino alle recenti riflessioni di Antonio Franchini. O basti pensare agli scritti di Joyce Carol Oates, che il padre portava agli incontri e che ha dato una sua visione ascetica di questo sport, notandone le analogie con il sacro e la liturgia (la vestizione del pugile, la ritualità che si svolge sul ring). Altri ancora hanno sottolineato il rapporto della boxe con la danza e il mimo. Lo ricordava padre Antonio Spadaro in un articolo scritto nel 2008 su “La Civiltà Cattolica” sul rapporto tra box e arti. In esso il gesuita spaziava da dai greci e latini, Omero e Virgilio, passando per gli autori succitati e molto altri - come Arthur Cravan (18871918), singolare figura di poeta e pugile francese - fino ad arrivare all’amata Flannery O’Connor e a Emily Dickinson. Per il cinema non si possono non citare Rocky, Toro Scatenato, Million Dollar baby e tanti altri, compreso Billy Elliot, dove il padre del giovane protagonista vorrebbe indirizzarlo alla “maschia” boxe piuttosto che assecondare la sua vocazione alla “femminile” danza. Dal punto di vista storico, poi, va ricordato che nel XIX e ai primi del XX secolo le palestre di boxe erano diffuse nei luoghi di aggregazione e nei movimenti cattolici ed ebraici. Soprattutto nelle periferie violente, in funzione educativa. Un esempio emblematico è la storia di don Gustavo (Gustave) Purificato, originario di Formia ed emigrato negli Usa, che si dedicò al riscatto sociale di Herkimer, sobborgo di New York. Educato ai rudimenti della boxe, accompagnò nella carriera Lou Ambers, che in realtà si chiamava Luigi D’Ambrosio, fino al titolo mondiale dei pesi leggeri nel 1936 (un articolo su di lui “Il prete pugile di Castellone” è reperibile on-line). La boxe ha, infine, fornito al linguaggio corrente più di d’una espressione: “mettere alle corde” o “al tappeto”, “ko”, “gettare la spugna”, “colpire sotto la cintura”, o dare “un colpo basso”, “lavorare ai fianchi”… Il che indica un rapporto stretto tra questo sport e la vita. Box e spiritualità, però, paiono fare a cazzotti, è il caso di dire. Eppure testimonianze di un legame profondo, sia pure risalente a quando la nobile arte ancora non era stata codificata (il pugilato moderno nasce nel XIX secolo) ce ne sono. Anche se la poetessa Dickinson lo definì Pugilist and poet, «vedendo in lui il prototipo del poeta in lotta pugilistica per l’ispirazione», nota Spadaro, quella di Giacobbe con l’angelo più che una disputa sul ring è assimilabile a una lotta corpo a corpo. E il riferimento di san Paolo a sé come pugile è senz’altro metaforico: l’apostolo delle genti non era certo Mike Tyson. C’è poi l’aspetto della violenza che (lo ricordava sempre Spadaro nell’articolo citato) fa sì che il giudizio morale sul pugilato professionistico, nella sua dimensione più distruttiva, sia negativo rispetto a quello che si pratica come disciplina di palestra. Ed è proprio la disciplina, il controllo di sé, la capacità di affrontare le avversità dentro un quadro di regole a essere la dimensione che l’approccio al contendere proposto a Rozzano vuole promuovere. Anche in funzione educativa. Come modo per affrontare le ferite sociali. Senza abbassare la guardia. « Dio nella boxe mette a posto le cose in disordine e risolve le disarmonie che stridono con la giustizia», dice don Scarlino, per il quale «la boxe è l’attività sportiva che pone in luce oltre alla ricche possibilità fisiche dell’essere umano, anche le sue capacità intellettuali e spirituali. Non è mera potenza fisica ed efficienza muscolare, ma ha anche un’anima e deve mostrare il suo volto integrale». Domani, dopo i saluti, oltre agli organizzatori, interverranno tra gli altri don Luca Meacci, assistente ecclesiastico nazionale del Csi, Mauro Grimaldi, ad di Federcalcio servizi, Antonella Minieri, prima donna arbitro di boxe e Luca Messi ex campione italiano (che anni fa ha allenato seminaristi della diocesi di Bergamo su iniziativa del fratello Alessandro, nel 2005 ex pugile dilettante e sacerdote). Ospiti d’onore Vincenzo Gigliotti, ex campione e allenatore di boxe e Jonathan Kogasso campione italiano dei pesi massimi, originario del Congo, che porterà la sua esperienza non solo di atleta ma anche di credente cattolico.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: