Una visione di parte. Volutamente di parte. Che ci spinge, tutti, a vedere le cose da una prospettiva meno battuta. A cogliere “l’altro sguardo”, quello delle donne. È la fotografia al femminile, una visione che fa ancora fatica a emergere e ad affermarsi, anche quando a scattare sono straordinarie fotoreporter e artiste. Ed ecco allora la sorpresa, in Triennale, a Milano, dov’è possibile rivedere o scoprire un patrimonio a volte nascosto, silenzioso e spesso solitario, che unito conquista una forza comunicativa enorme. A mettere in rassegna lo sguardo femminile di sessanta fotografe, in oltre 150 foto, è Donata Pizzi: è sua la collezione su cui ha lavorato la curatrice Raffaella Perna per realizzare L’altro sguardo. Fotografe italiane 1965-2015 (catalogo Silvana Editoriale), la prima mostra nata dalla partnership tra la Triennale di Milano e il MuFoCo, il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo, che sarà possibile visitare fino all’8 gennaio 2017.
«Benché molte donne sin dal 1839 abbiano scelto la fotografia come campo professionale e strumento espressivo, solo negli anni novanta del XX secolo esse divengono oggetto di rilevanti studi specifici», ricorda Raffaella Perna. «La collezione è nata come un atto politico, perché non c’era. Raccogliere queste foto è stata una forma di design, una visione; la necessità di avere un’area di ricerca specifica. Man mano mi sono resa conto che si componeva un puzzle di una visione “altra”, che valeva la pena approfondire e mostrare.
Lucia Marcucci "La ragazza squillo" (1965)Tutte insieme, queste foto, sono un tesoro importante per raccontare la storia del Paese, ma anche raccontare fenomeni, esperienze, raccontare drammi e persone, con una sensibilità particolare», ha detto all’inaugurazione Donata Pizzi, che è diventata collezionista dopo una lunga e sfaccettata esperienza nel campo fotografico: prima come archivista all’
Espresso, poi come responsabile della sede romana dell’agenzia americana
The Image Bank (ora Getty Images), oltre che fotografa professionista, autrice di numerosi libri e mostre.
Si parte dalle fotografie di reportage dure, forti, reali della prima sezione, “Dentro la storia”, di Letizia Battaglia sugli omicidi di mafia, di Giovanna Borghese sul
Paese in tribunale, di Carla Cerati sui malati psichiatrici di
Morire di classe, si continua con i ritratti di Lisetta Carmi a Ezra Pound a Rapallo e il
Mondo dei vinti di Paola Agosti. C’è il racconto del femminismo affrontato con delicatezza e anche ironia: come la
Ragazza squillo con l’insegna del vecchio telefono (1965) di Lucia Marcucci o
Le casalinghe di Liliana Barchiesi. Il senso di identità e relazione è trasmesso, fra le altre, da Shobha con le foto di baronesse e contesse degli
Ultimi Gattoparti e dalla giovane Anna Di Prospero, in un tenero autoritratto con la madre (2011), alla finestra, dai colori
vintage.
Una delle più intense foto di Andreja Restek.I legami forti e lo sguardo che sogna a occhi chiusi. E immagina. Immagina forse una terra senza guerre e tribolazioni, quelle che mostra, con sfumature di speranza, Isabella Balena nei suoi intensi scatti a Mostar, nei Balcani, o Francesca Volpi in Ucraina. Documentare per «vedere oltre».
Una mostra al femminile, che parla a tutti, forse soprattutto agli uomini, per allargare così il campo di osservazione. «Noi maschi fotografiamo per mostrare e mostrarci, le donne per conoscere. È un utilizzo della fotografia in maniera diversa», fa notare Giovanni Gastel, presidente dell’Associazione fotografi professionisti, presentando
Parlando con voi l’installazione multimediale che accompagna la mostra, ideata partendo dal libro di Giovanna Chiti e Lucia Covi, e prodotta da Afip International e Metamorphosi Editrice.
Uno scatto della serie "Le casalinghe" di Liliana Barchiesi«In questi 30 video esclusivi – continua il fotografo – c’è una lettura della psicologia della fotografia femminile». Una fotografia «originale e coraggiosa». Interviste che meritano di essere ascoltate, tutte. «Non aveva più importanza che le foto fossero buone. Il primo che arrivava andava bene. Per questo nel 2000 ho abbandonato la fotografia e mi sono dedicata solo alla scrittura», così Carla Cerati, scomparsa lo scorso febbraio, esprime la sua delusione di fronte al mondo del giornalismo.
«Gli anni Settanta sono il momento in cui, grazie alla presa di coscienza femminista, si iniziano a riportare alla luce le storie sommerse di pittrici e scultrici vissute nell’ombra o rimaste ai margini della storia ufficiale, relegate in posizioni subalterne da un sistema ideologico e politico dominato dagli uomini – spiega la curatrice Perna –. Grazie anche alle conquiste di quella generazione, oggi fotografe e artiste hanno acquisito posizioni di primo piano nella scena culturale del nostro Paese e in quella internazionale. Nonostante la decisa inversione di rotta, la storia e il lavoro di molte fotografe è ancora da riscoprire, promuovere e valorizzare». Ed ecco il valore dell’
Altro sguardo.