mercoledì 16 ottobre 2013
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Visto dal XX, il XXI secolo doveva essere l’era della Cina, in forza di una marcia forzata che ha fatto raddoppiare la sua economia tre volte negli ultimi trent’anni. Oppure dell’India, libera da miopi politiche di contenimento demografico e catapultata verso il primato della più popolosa nazione mondiale. Qualche economista era però pronto a scommettere sul Brasile, e i neoconservatori americani sul ritorno alla supremazia degli Stati Uniti. Dalla mancanza di consenso Charles Kupchan, politologo del Council on Foreign Relations, ha tratto una conclusione: questo secolo non sarà di nessuno. Le conseguenze sono meno ovvie di quanto l’affermazione possa sembrare. Senza un chiaro punto di gravità economico, politico e di valori, come quello che Europa e Stati Uniti hanno fornito per gli ultimi cinquecento anni, che mondo sarà? Quali strutture politiche e sociali s’imporranno, se i due poli della democrazia che ancorano i valori liberali ai due lati dell’Atlantico non si ergeranno più come controllori dei commerci globali e delle alleanze internazionali? Nel suo libro Il mondo non è di nessuno, in uscita dal Saggiatore (pagine 256, euro 17,00), il docente di politica internazionale della Georgetown University sostiene che sarà un mondo più instabile e complicato, ma dove l’Occidente può rivestire ancora il ruolo di difensore delle libertà fondamentali. Se sa giocare bene le sue carte. Professor Kupchan, la serrata governativa a Washington e le convulsioni dell’euro sono segnali del declino di Usa ed Europa?«Le difficoltà economiche e politiche degli Stati Uniti sono temporanee: torneranno a crescere e a proiettare la loro influenza nel mondo. Ma constateranno che l’equilibrio di potere si è trasformato in modo irreversibile. Oggi le democrazie occidentali rappresentano meno della metà della ricchezza mondiale, e il loro rallentamento economico va di pari passo con la crescita di altre potenze. È ovvio che i Paesi emergenti si aspettino di esercitare un nuovo livello di influenza. Siamo passati dal G8 al G20 e la Cina sta pretendendo più peso. I poteri emergenti sono più disposti a tenere testa agli Usa e all’Europa sulla Siria, sul commercio globale, sui cambi climatici. Quello che preoccupa è che, se l’America chiude l’amministrazione pubblica e la Ue fatica a tenere l’euro a galla, vuol dire che non sono attrezzate a fronteggiare questa trasformazione». Molti Paesi emergenti, come Cina e Russia, hanno governi autocratici, almeno di fatto. Ci stiamo muovendo verso un mondo meno democratico?«In realtà negli ultimi decenni sempre più Paesi si sono aperti alla democrazia. Ciò nonostante, presto vivremo in un mondo dove la maggior parte delle dieci principali potenze economiche non sarà né democratica né liberale. E le democrazie come India e Brasile potrebbero non volersi allineare con l’Occidente». Sarà un mondo meno stabile?«Le probabilità sono alte. Sappiamo dalla storia che quando c’è uno slittamento nella gerarchia mondiale il mondo diventa più pericoloso. Per questo Usa ed Europa dovranno prepararsi affinché sopravviva un sistema di regole condivise. Ma sarà un compito difficile». Quali istituzioni internazionali saranno in grado di imporre ordine?L’ideale è creare un sistema misto di istituzioni nazionali e regionali. Non possiamo più partire dal presupposto che le regole occidentali siano universali. Vedremo un mondo con poche istituzioni globali, come la Banca mondiale, l’Onu, il G20, ma al cui interno emergeranno forti differenze di opinioni sulla sovranità, sul diritto d’intervento, sulla legittimità e sui diritti umani. Prenderanno peso la Ue, la cooperazione del Golfo, l’Apec, organizzazioni del Sudest asiatico e l’Unione africana». Quali sono le implicazioni per gli Stati Uniti?Il primato militare americano rimarrà incontestato per alcuni decenni, anche se quello economico lo sarà di meno. Per molto tempo gli Usa saranno ancora l’unico Paese in grado di esercitare la propria potenza militare in tutto il mondo nel giro di poche ore. Ma vedremo maggiori interventi realizzati con coalizioni di Paesi “volenterosi”, magari con la benedizione di qualche organismo regionale, come quello che è intervenuto in Libia». Più in generale, come sopravviveranno i valori delle democrazie liberali in un mondo di nessuno?Se gli Usa non potranno o non vorranno più staccare un assegno o inviare una divisione armata durante una crisi umanitaria, chi lo farà? Usa e Ue devono incoraggiare le potenze emergenti a fornire questo tipo di supporto a livello regionale. Ma devono anche mettere in ordine i propri affari economici e politici, in modo da fornire un modello attraente di civilizzazione al resto del mondo. Soprattutto, devono ridimensionare la loro aspirazione a esportare un sistema basato sulla democrazia liberale, cercando di creare nuove regole per arrivare alla cooperazione con potenze come Cina e Russia». Quindi la difesa dei diritti umani dovrà essere compromessa?Direi ai Paesi occidentali di concentrarsi di più sulla difesa dei diritti umani e di fare un passo indietro sulla promozione della democrazia. Usa ed Europa avranno più successo nel proteggere le libertà fondamentali se smetteranno di dire ad altri Paesi che devono indire elezioni multipartitiche».
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