A veva esordito nella musica da provocatore punk con i CCCP poi CSI, chiude provocando ancora: con il Te Deum. L’ultima traccia dell’ultimo cd che Giovanni Lindo Ferretti realizza con Giorgio Canali e Gianni Maroccolo sotto il nome PGR. Il cd s’intitola Ultime notizie di cronaca ed esce ad onorare un contratto discografico del ’97 firmato «dopo un primo posto in hit parade che ci aveva proiettati in un mondo che non ci piaceva». Intanto Ferretti si è trasferito in montagna: cura la madre malata, sta a contatto con la natura, prega. «Dopo aver cercato il senso in mille modi senza trovarlo l’ho trovato tornando a casa. Al mio mondo di quando ero bimbo: i monti, il rosario». Ferretti ha raccontato il suo percorso in un libro, Reduce, e per lui la musica oggi è fatta di piccoli concerti, violinovoce o poco più. Anche se spesso prende pure posizione, scrivendo ai giornali da credente, su molti temi sensibili dell’attualità. Ed ora che impegni «di cui mi ero scordato» l’hanno ricondotto a confrontarsi con il rock, ci ha messo sopra parole in linea con l’uomo che è oggi. Un uomo che da tre anni non scendeva a Milano, dove l’abbiamo incontrato. A presentare un disco rock con anima ben più profonda, e testi di cui – Ferretti lo ripete spesso – «la responsabilità è solo mia». Ferretti, iniziamo dalle reazioni di tanti suoi fan al suo riabbracciare la fede. Molti l’hanno criticata anche pesantemente per questo. Cosa risponde? «Già nel tour con i PGR di tre anni fa mi attendevo reazioni come quelle che mi dicono ci siano sul web, invece non succede. Il pubblico certo è cambiato, ma chi mi segue ancora lo fa perché mi ritiene perbene. Uno da ascoltare anche se non si pensa come lui». In questo cd la ascolteranno denunciare indifferenza al mistero, superficialità, uomo-merce, corporeità ordigno di distruzione e distrazione di massa. Ma qual è il problema chiave dell’oggi secondo lei? «L’uomo. Quanto noi abiuriamo dell’uomo». Ad esempio, per citarla, con 'democratiche soluzioni eutanasiche', che pare riferito al caso Englaro? «Esatto: ed io oggi non posso pensarla in maniera diversa. La mia vita per molti è 'poco dignitosa'…». Lei assiste sua madre, come canta 'Cronaca filiale'. «Sì. Espormi su certe cose è necessario. L’aborto o il fine vita non sono astrazioni. E io non voglio venire intruppato nel modo di vedere le cose che si dice 'degli artisti'. Non voglio che il mio nome sia usato come alibi. La mia posizione la dichiaro». Senza neppure il timore di cantare un dolore intimo? «Assolutamente. Di certi temi parlo coi colleghi dai tempi della malattia di Wojtyla: trovavo normale si mostrasse, era il nostro Papa anche malato. Mi fa senso che ai bambini non si debbano mostrare malati o morti. La vita ha senso anche in certe angolazioni. Anche quando non la capisci. Con Cronaca filiale racconto poi pure il dono che è l’essere figli». Ma Giovanni Lindo Ferretti oggi chi è? «Nel Te Deum può scoprirlo. Sono uno che iniziò a curiosare tra i libri dell’allora cardinal Ratzinger per capire perché molti ne parlassero male. E ora che sono tornato a casa, Benedetto XVI è il mio maestro». E a quest’uomo che è oggi, non ha fatto difficoltà uscire dalla sua 'vita defilata' per tornare al rock? «No, ho accettato di modellare le mie parole su certi suoni pur non vivendo più quella dimensione. Questo cd è nato per dovere: ma in esso ognuno di noi ha messo quello che è oggi, senza vincoli reciproci ». Il cantautore Giovanni Lindo Ferretti