La Chiesa attaccata per screditarne la missione «educatrice». Il Papa oggetto di manipolazioni di stampa perché fedele alla tradizione cristiana. Ma anche una persistente speranza perché il messaggio della Chiesa viene ormai considerato pure in ambito «laico» in quanto la dignità dell’uomo, cardine del messaggio sociale cattolico, è riconosciuta fondamentale anche fuori dal recinto ecclesiale. Julien Ries, sacerdote belga, storico delle religioni di fama mondiale, docente emerito all’università cattolica di Lovanio, ha appena compiuto 90 anni ma il suo sguardo resta lucido e penetrante nell’interpretare l’attualità.
Come valuta i ripetuti, recenti attacchi a Benedetto XVI?«Esiste certamente un risentimento per il fatto che la Chiesa rimane forte: così si cerca di indebolirla in tutti i modi. Soprattutto in Europa vediamo una forte opposizione alla Chiesa, al Papa e alle sue iniziative. Quando Benedetto XVI è andato in Africa lo scorso anno e ha parlato di preservativo e Aids, le sue parole sono state trasformate dai mass media. E così perfino alcuni governi – come quello belga – l’hanno attaccato. A mio parere questo Pontefice viene criticato perché lo si considera ancora come il prefetto dell’ex Sant’Uffizio. Nei primi tempi del suo pontificato lo è considerato come un uomo dell’
ancien régime, quindi veniva attaccato per questo. Le forze occulte all’opera in Europa (di stampo massonico) hanno capito quanto sia intelligente Benedetto XVI e quindi lo criticano in ogni situazione, proprio mentre egli vuole applicare fino in fondo il concilio Vaticano II su quale sia la vera idea della Chiesa nel mondo. Del resto già Giovanni Paolo II aveva iniziato il suo pontificato all’insegna dell’invito "Non abbiate paura". E invece altri hanno avuto paura di lui, tanto da cercare di ucciderlo con l’attentato in piazza San Pietro nel 1981».
Alcuni osservatori hanno sottolineato che le attuali critiche alla Chiesa cattolica si verificano perché quest’ultima si presenta ancora come portatrice di verità. È d’accordo?«Si è molto insistito sulla questione della pedofilia e se ne è approfittato per mostrare una Chiesa debole e che nasconde le proprie colpe. Credo che si sia abusato di questa situazione per dire che oggi non bisogna più avere nessuna fiducia verso la Chiesa. E la si è voluta colpire proprio in un punto preciso, ovvero la sua missione di educatrice. Questa è un’operazione che mira a smontare l’affidabilità della Chiesa su quella che è una delle sue missioni principali: l’educazione, in particolare dei giovani».
Quale risposta occorre in questa situazione?«Penso che quanto si sta facendo in questo periodo sia positivo. Primo, il fatto che la Chiesa affermi di essere anzitutto dalla parte delle vittime. La pedofilia è un crimine da bandire in ogni modo. Bisogna poi che i preti siano all’altezza del loro compito e per questo è importante la formazione nei seminari. Inoltre è necessario ricordare che la Chiesa vuole il celibato come consacrazione totale a Cristo».
Vede spazio per un dialogo tra credenti e non credenti oggi in Europa?«Osservo come la Chiesa prenda sempre più coscienza della propria visione sull’uomo, sulla famiglia e la persona umana. Sono temi importanti, questi, sui quali insiste molto l’ultima enciclica di Benedetto XVI
Caritas in veritate, che sottolinea in modo speciale la dignità della persona umana. Questi principi fanno avanzare il dialogo in tutti i campi di discussione, ad esempio sull’inizio della vita e la sua fine. Ho trovato molto bella, al riguardo, l’immagine del "cortile dei gentili" lanciata da Benedetto XVI: rappresenta un vero simbolo di quei pagani o proseliti che all’epoca del Tempio cercavano Dio. Quella del "cortile" è un’immagine molto ricca perché indica che esiste lo spazio per un confronto e che vi sono tematiche sulle quali è possibile lavorare insieme. Ci sono non credenti o anche persone non particolarmente "amiche" della Chiesa che sono però sensibili ai principi cattolici in tema di lavoro, dignità delle persone, rispetto della vita».
Può farci un esempio di questa attenzione «laica»?«In Francia segnalo l’antropologo Maurice Godelier (autore del recente
Al fondamento delle società umane. Ciò che ci insegna l’antropologia, Jaca Book,
ndr), il quale è entrato in un’ottica di ricerca sull’uomo diversa da quella strutturalista di Claude Lévi-Strauss. E il mio editore francese, Cerf, mi ha chiesto in occasione della pubblicazione del terzo volume sull’antropologia religiosa, di tenere a Parigi un incontro pubblico con la stampa: la mia posizione sull’
homo religiosus suscita l’interesse dei media francesi».
Come si spiega questa curiosità?«Per il fatto che l’uomo resta al cuore della società e tutti si domandano quale debba essere il suo ruolo e, ad esempio, il compito della famiglia nella nostra epoca.