«Chi si avvicina a Bach entra nell’assoluto. Ci vuole umiltà. E coraggio». Riccardo Chailly frequenta la musica di Bach fin dagli anni di studio: «Il mio coraggio nasce da questi 40 anni di frequentazione quasi quotidiana, ma ho voluto affrontare la complessità di questa musica senza bruciare le tappe». La
Passione secondo Matteo, i
Concerti Brandebrughesi, l’
Oratorio di Natale. E ora l’integrale dei cinque
Concerti per tastiera e orchestra, che il maestro milanese ha inciso con la sua Gewandhaus di Lipsia e il pianista iraniano Ramin Bahrami.
Chailly, come ha costruito con Bahrami l’interpretazione dei concerti?Abbiamo avuto la fortuna di poter lavorare per due anni. Cinque concerti sono un impegno musicale enorme. Ramin ha dimostrato intelligenza, profondità, applicazione. Avere un solista come lui che ha fatto di Bach una scelta di vita è stato per me un nuovo punto di partenza. È raro trovare un solista che suona con una simile confidenza l’estrema complessità di questa musica.
Lei avvicina l’Adagio del Concerto in re maggiore BWV1054 al cuore emotivo delle Passioni e della Messa in si minore. In che senso?Nelle opere di Bach c’è un apice spirituale dove tutto converge. In qualsiasi ciclo, dalle Passioni alle Suite. Amo le integrali perché credo che Bach pensasse queste opere come un grande unicum: è non può essere un caso che quel brano stia proprio al centro di tutti i Concerti. L’Adagio è l’ultimo pensiero rivolto a Dio prima della morte.
Bach, il pianoforte, l’orchestra. Il pensiero di molti va subito a Gould.Gould è stato il padre spirituale di questa avventura bachiana. Ma il suo modo di suonare negli anni 50 è stato una tale rivoluzione pianistico interpretativa che oggi sarebbe impensabile seguire. I nostri tempi si distaccano completamente da quelli di Gould: mezzo secolo di pratica filologica si sente.
Nei testi introduttivi al cd Bahrami dice che Bach è «capace di guidare sulle strade del mondo l’uomo smarrito e disorientato». Condivide?Condivido in pieno. La forza della musica di Bach è quella di illuminare e consolare. Se solo la gente si affidasse a Bach e alla profondità spirituale della sua musica per salvarsi dalla solitudine... Il mio rapporto con Dio è una costante ricerca. Ma quando eseguo la musica, sacra e non solo, di Bach ho l’impressione, o almeno l’illusione, di potermi avvicinare come non mai a Lui.
Lunedì lei affronterà Mahler alla Scala in vista del centenario della morte. Un autore che prima di altri ha saputo rappresentare in musica il disorientamento dell’uomo moderno.Anche Mahler ha studiato per una vita Bach. Negli ultimi anni di vita. a New York, eseguì una sua suite di brani bachiani. Pare che avesse programmato, ma la morte prematura gliel’ha impedito, l’esecuzione delle Passioni. Dimostrando quanto necessario fosse per lui, che aveva un rapporto complicato con Dio e con il cattolicesimo, lavorare su Bach. Sono convinto che la sempre maggiore presenza di Bach nel suo repertorio da direttore avrebbe poi influito sulla sua produzione musicale.
Perchè ha scelto di dirigere alla Scala la Settima sinfonia di Mahler?Perché è una sinfonia che parla di vita e morte e proprio nell’ultimo movimento ha il più grande enigma: il passaggio dalle tenebre alla luce. Qualcosa che accomuna tutti gli uomini.