martedì 17 maggio 2016
COMMENTA E CONDIVIDI
«Un funerale fra gli uomini è forse una festa fra gli angeli» dice un audace aforisma di Chesterton. Peccato però che oggi la morte rimanga un grande tabù. Del resto in una società che ha più fede negli oroscopi o nello scientismo di chi pensa di avere una risposta su tutto, l’uomo vive nell’illusione di essere immortale. Poi però il lutto ci colpisce negli affetti più cari, magari in circostanze inaspettate o tragiche come il terrorismo, e dobbiamo prendere atto che il distacco è purtroppo parte della nostra vita, anche se il lutto ci appare innaturale, drammatico e il solo pensiero ci mette addosso tanta paura. Eppure ci sono stati uomini e donne che nel corso dei secoli son riusciti «ad andare incontro alla morte con la certezza gioiosa di abbracciare la vita». Sono i santi, spiega il carmelitano Antonio Maria Sicari in Come muoiono i santi. 100 racconti di risurrezione (Ares, pagine 224, euro 12,90), un libro tutt’altro che triste come il tema potrebbe suggerire. Potete leggerlo senza scongiuri o riti scaramantici perché troverete forza e conforto dalla galleria di ritratti proposti. Gente di ogni età e classe sociale descritta negli ultimi istanti della loro esistenza e nelle condizioni più disparate. Ci sono allora i martiri, quelli veri, spirati senza odio o rancore per i propri carnefici, che hanno invece amato e perdonato: da Tommaso Moro ai cristiani perseguitati e sgozzati anche oggi senza nome e senza volto, come le vittime delle ideologie totalitarie del Novecento o della tanto “illuminata” Rivoluzione Francese: emblematico il caso delle sedici carmelitane di Compiègne finite sulla ghigliottina. Ma più vicino a noi è l’impavido padre Pino Puglisi nella sua lotta alla mafia, lui che all’esecutore pronto a sparargli alla nuca disse con un incredibile sorriso: «Me l’aspettavo». Non mancano i noti giganti della cristianità: da Francesco d’Assisi che addirittura cantò la morte come “sorella” a Benedetto da Norcia che pur debolissimo chiese l’aiuto dei suoi discepoli per esalare l’ultimo respiro rimanendo in piedi con le mani verso il cielo. E che dire poi dei santi laici, di coloro che hanno dato la propria vita nei luoghi del mondo, la famiglia o il lavoro: da Gianna Beretta Molla, morta dopo aver rifiutato l’aborto e aver dato alla luce la sua ultima piccola, allo scienziato genetista Jérôme Lejeune. Una rassegna di folli o di superuomini? Niente affatto, la paura della morte in fondo è naturale. Perfino il grande sant’Agostino nei suoi ultimi giorni «piangeva continuamente calde lacrime». Ma diceva: «Non temo di morire, perché abbiamo un Signore buono». E del resto non fu triste e sudò sangue anche Gesù nel Getsemani? Nella sua Passione e in quella dei suoi martiri – spiega Sicari – «non troviamo spiegazioni ai nostri perché sulla sofferenza e sulla morte, ma abbiamo la certezza che il Figlio di Dio è venuto a farci compagnia anche nel dolore ». E la forza e la speranza dei santi è aver creduto nella Parola di Cristo, Colui che è tornato indietro dal-l’altra parte, il quale ha promesso: «Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia». È un libro questo per carpire il segreto del cristiano, di colui per il quale il contrario di amare non è odiare, ma avere paura. E «se alla sera della vita ciò che conta è avere amato» (Giovanni della Croce) bisogna farsi trovare pronti, come ammoniva John Henry Newman: «Non aver paura che la vita possa finire. Abbi invece paura che possa non cominciare mai davvero». © RIPRODUZIONE RISERVATA Da Francesco d’Assisi alle sedici suore di Compiègne finite sulla ghigliottina, senza dimenticare l’esempio di don Pino Puglisi: il carmelitano Sicari racconta in un libro le storie di chi ha vissuto senza la paura del «dopo»
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: