Con un superconvegno internazionale di altissimo livello scientifico e storico dal 26 al 30 maggio a Firenze, dove saranno mostrati e studiati nuovi significativi documenti (tra cui 7 lettere venute alla luce recentemente all’Università Gregoriana), «sarà onorata la figura di Galileo, geniale innovatore e figlio della Chiesa». Così annuncia la nota vaticana che accompagna una conferenza stampa di presentazione, tenuta ieri nella Sala Stampa vaticana di fronte a un’affollatissima platea di giornalisti. Sul «caso Galileo» la Chiesa deve fare autocritica senza reticenze – ha detto monsignor Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura – ma contestualizzando rigorosamente l’errore «soggettivo» compiuto da coloro che giudicarono lo scienziato, il quale «ebbe molto a soffrirne». La rivoluzione copernicana infatti «non era stata ancora definitivamente provata», né è dettaglio senza valore – aggiunge Ravasi – il fatto che, pochi mesi dopo la condanna, a Matteo Ricci fu consigliato di portare in Cina per illustrare il pensiero cattolicoromano – fra l’altro – proprio i dialoghi scritti da Galileo. Così alla fine di marzo, annuncia ancora Ravasi, verranno resi noti in un volume tutti gli atti della Commissione sul caso Galileo, istituita nel 1981 da Giovanni Paolo II. E il prelato propone anche un Dvd che riprenda tutto il materiale sulla vicenda. Il convegno di Firenze – dal titolo «Il caso Galileo. Una rilettura storica, filosofica, teologica» e organizzato dall’Istituto Stensen sotto la direzione del gesuita padre Ennio Brovedani – con altre 8 iniziative e manifestazioni (di cui si riferisce qui sotto) – sono il contributo di approfondimento che la Chiesa intende dare all’«Anno dell’Astronomia » appena cominciato. Roma ha sempre avuto una speciale attenzione per la scienza che studia i corpi celesti: «Il cielo è metafora della trascendenza di Dio, è il simbolo capitale per le religioni, lo zenit, la tenda che protegge il beduino nel deserto. La parola 'cielo' è nominata 458 volte nell’Antico e 284 nel Nuovo Testamento », osserva monsignor Ravasi. Ma aggiunge che l’aspirazione a guardare in alto si accompagna alla convinzione che Dio non sta solo nei cieli: «I cieli e la Terra non possono contenerti e neanche questo tempio», dice Salomone. I Papi hanno presto dato impulso all’astronomia, coltivando anche personalmente l’interesse per questa scienza. L’astronomia entrò a far parte degli studi ecclesiastici con Gerberto d’Aurillac, Silvestro II, intorno all’anno Mille. Seguono Gregorio XIII, promotore della riforma del calendario, e san Pio X che sapeva fabbricare orologi solari. Benedetto XVI ha fatto notare recentemente che la stessa piazza San Pietro è una meridiana. Poi c’è la Specola Vaticana e il papa ha ricordato «la passione e la fede di non pochi scienziati, i quali – sulle orme di Galileo – non rinunciano né alla ragione né alla fede e le valorizzano entrambe fino in fondo, nella loro reciproca fecondità. In lingua swahili si usa un’immagine molto efficace, per descrivere lo stretto vincolo CieloTerra: «Dobbiamo agganciare una stella all’aratro». «Ma siamo tutti nati astronomi», interviene Josè Gabriel Funes, direttore della Specola Vaticana (che sta conducendo indagini d’avanguardia alla ricerca di pianeti fuori del sistema solare; tutti gli uomini hanno il diritto di osservare il cielo stellato e di provare l’indescrivibile emozione di questo spettacolo. Peccato che ormai, in larga parte del mondo, non è più possibile a causa del pesante inquinamento luminoso: «Mi rivolgo ai mass media perché aiutino gli astronomi nella battaglia per conservare l’oscurità notturna dei cieli», ai appella il professor Funes. Nicola Cabibbo, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, s’associa all’allarme e auspica che anche in Europa, come negli Usa, si introducano sistemi di illuminazione pubblica rivolti verso il basso (per proteggere le persone) e non verso l’alto. L’istituzione che presiede ha dedicato memorabili sessioni alla ricerca astronomica, lungo la strada aperta 4 secoli fa da Galileo, il quale con il suo cannocchiale – rileva Cabibbo – ha rivoluzionato la scienza. Con lui si passa dall’astronomia geometrica, teorica (quella di Tolomeo e in fondo di Copernico) all’astronomia fisica, quella dei corpi celesti in movimento. Quando il genio pisano scopre i satelliti di Giove, si accorge che si muovono a forte velocità e per lui è un fenomeno sorprendente. La novità assoluta delle scoperte galileiane (il cannocchia-le, la Luna con le sue montagne come una «seconda Terra», le macchie solari, i satelliti di Giove) viene messa in luce anche da Paolo Rossi, professore emerito di Storia della Scienza all’Università di Firenze e membro dell’Accademia dei Lincei: «Galileo è il primo uomo di scienza che usa uno strumento per conoscere le verità celesti ». Lui annunciò che le stelle sono enormemente più numerose di quelle che si vedono a occhio nudo. E i suoi avversari tentavano di contestare le sue scoperte: «Se mette insieme due lenti, si spiega benissimo che veda raddoppiato il numero delle stelle»... Per onorare Galileo era stata progettata anche una statua in Vaticano, ora nella fase di bozzetto; ma si è pensato che sia meglio investire le risorse messe a disposizione dallo sponsor realizzando in Africa un istituto per master in scienza, filosofia e teologia. Anche questo significa «guardare lontano». La statua di Galileo agli Uffizi a Firenze. Qui sopra: la presentazione vaticana dell’anno galileiano