Un sud radicato dentro una tradizione che non è sterile ripetizione del passato ma ancoramento, saldo, fedele, vitale a una storia ancora in parte misconosciuta. L’impasto delle voci di Maria Giaquinto e Fabrizio Piepoli e il tessuto sonoro ordito dalla chitarra di Giuseppe de Trizio (autore di diversi brani di Oltremare) scandiscono questo Sud rituale, che riposa nel canto di dolcissime ninna nanne, che si accende nel culto di San Nicola, che è ancora intessuto di sacro, che ritrova nella città di Bari, nel suo dialetto e nella sua luce, uno degli ultimi lembi dell’Occidente che si protrae, come dentro un abbraccio misterioso, verso l’Oriente.
È il canto del mare, una delle “voci” più ricorrenti nella produzione dei Radicanto, come nella struggente Adriatico - “Vedi siamo ancora migranti/ su una spiaggia perduta/ pescatori e viandanti// Se questa è storia di mare/ di destini salati/ Di Adriatico evento/ di Adriatico e vento” - e nel brano che dà il nome al cd Oltremare: “Affondano con me/ nel mare che non so/ lingue sconosciute/ i sogni che non ho”.
Un Sud, quello cantato dai Radicanto, che nel mare trova la sua immagine più densa: insieme esproprio e orizzonte, assenza e proiezione, sogno e stordimento.