Sergio Zavoli con il cardinale Carlo Maria Martini nel 1990 - Fotogramma / Max
«Il mio maggiore desiderio è questo: vorrei arrivare consapevole al momento della mia morte, che è il più importante della vita. Vorrei poter guardare in volto il Mistero ad occhi aperti». Era una sera d’inizio gennaio 2004 quando Sergio Zavoli affidava alla scrivente questa “confessione” a margine di un’intervista sui 50 anni della televisione italiana. Mio padre era quasi suo coetaneo ed era morto da un paio di mesi. Non ci conoscevamo, ma gli confidai questo dolore e mi ritrovai all’improvviso dall’altro capo del telefono non più il monumento del giornalismo italiano, ma un uomo che con comprensione paterna mi consolava confrontandosi sul senso della vita, della morte e della fede.
Mi invitò a telefonargli ancora, semplicemente per parlare dell’esistenza. Seguirono altre telefonate serali, umanissime, profonde, sorprendenti. Non avrei citato questo episodio personale se non si trattasse di una pur piccola testimonianza diretta della sincera e articolata ricerca di Dio e dell’umanità di Sergio Zavoli. Non è un caso che il suo primo libro vero e proprio da scrittore sia Socialista di Dio (Mondadori, 1981), con cui vinse il Premio Bancarella, in cui pone al centro del suo interesse l’uomo, i rapporti tra fede e ragione e dove si interroga sul modo in cui un credente possa conciliare la fedeltà a Dio con un’intera fedeltà alla storia.
Ma fu il documentario radiofonico Clausura la più eclatante e costruttiva “provocazione” sul campo della fede. Trasmesso dalla Rai nel 1957 e vincitore del Premio Italia 1958, fece entrare per la prima volta nella storia della radio un microfono in un monastero di clausura, quello di via Siepelunga a Bologna, presso una comunità di Carmelitane Scalze. Nel rispetto dell’obbligo alla riservatezza imposto dalla regola, le riprese sonore furono effettuate dalle monache stesse che documentarono in prima persona l’intima vita dell’ordine carmelitano.
L’argomento all’epoca provocava critiche da parte dell’opinione pubblica, soprattutto per lo stato d’indigenza in cui versavano le monache che praticavano la clausura.
L’inchiesta di Zavoli parte da questo dato con l’intervista al gesuita padre Virginio Rotondi, impegnato a sostenere l’apostolato attivo dei religiosi in seno ad una società moderna in- differente alla contemplazione religiosa. Nella prima parte il documentario narra la segreta e immutabile giornata del monastero di clausura con le voci e i suoni del cerimoniale monastico. Nella seconda parte, Zavoli raccoglie le testimonianze dirette di alcune monache del convento.
«Donne che escono dal riserbo con ansia trepida e comprensibile disagio e non alzano il velo se non per ricevere l’eucarestia» commenta l’autore. «La sua celebrazione della parola era anche religiosa: una venerazione della parola che si incarna nell’immagine» sottolinea il cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che incontrò Zavoli in alcuni dibattiti.
«Lui avrebbe voluto fare qualcosa con me al Cortile dei Gentili, partecipare a questo tipo di dialogo era nelle sue corde – aggiunge il cardinal Ravasi – . Era un credente fuor di dubbio, e aveva nei suoi libri di poesie, che mi inviava sempre con bellissime dediche, una decisa carica di spiritualità. Aveva un dettato molto essenziale e leggibile, una comunicazione nobile e raffinata tipica di un mondo della comunicazione predigitale che ormai si stava sfaldando. Era una persona molto interessata alle interrogazioni alte, in particolare a quelle con dimensione escatologica, sul senso ultimo dell’esistenza. Anche nella sua analisi della storia c’è il tentativo di intravedere una traccia più sotterranea».
«Di Sergio Zavoli ho un grandissimo ricordo » ci racconta monsignor Orlando Raggi, 81 anni, vicario episcopale a Frascati, che fu parroco di Monte Porzio Catone, dove risiedeva il giornalista, dal 1980 al 1990. «Erano gli anni in cui Zavoli era Presidente della Rai. Avevamo un rapporto di grande simpatia e collaborazione, presenziava agli eventi più importanti del Paese, nonostante i tanti impegni. Una volta organizzammo insieme anche un evento ciclistico – ricorda sorridendo – . Quando venni nominato parroco mi donò il suo libro Nel nome del figlio e mi disse: “Vorrei tanto avere una fede più semplice”. Io gli risposi: tu credi di fede laica».
Il suo grande amico e confidente era don Remo De Angelis, che è mancato nel 2000, con cui aveva un intenso scambio spirituale.
«Sergio Zavoli era un uomo dalla caratura francescana » aggiunge padre Enzo Fortunato portavoce del Sacro Convento di San Francesco ad Assisi, ricordando ciò che scrisse Zavoli per introdurre la Carta di Assisi dove deviniva le parole «strumenti di pace e di misericordia, antidoti all’ostilità tra le persone».
Tanti gli incontri “spirituali” di Sergio Zavoli, dal cardinale Carlo Maria Martini e Padre Turoldo a l’Abbé Pierre, suor Maria Teresa di Gesù. Ma una figura spiccava su tutte. «Mi passi l’azzardo – disse nell’intervista concessa (per i suoi 90 anni) a Massimiliano Castellani – : alle mie inquietudini interiori aggiungerei, incomparabilmente, quel ragazzo chiamato Nazareno che riempirà il mondo di tutto ciò che Dio gli aveva dato per essere “a somiglianza nostra”.
I funerali di Sergio Zavoli si svolgeranno domani, 7 luglio, alle 10 nella chiesa di San Salvatore in Lauro a Roma. Lo rende noto la figlia Valentina. Poi, secondo la sua volontà, la salma proseguirà per Rimini dove verrà tumulato. Qui verrà aperta la Camera ardente al Teatro Galli. Sarà possibile porgergli l'ultimo saluto domani pomeriggio dalle 17 alle 19 e sabato mattina dalle 10 alle 12.