domenica 7 luglio 2024
«Il mio Paese è all’avanguardia nel mondo arabo per i diritti femminili, però non è ancora cambiata la mentalità conservatrice di ampie parti della società»
La scrittrice tunisina Amira Ghenim

La scrittrice tunisina Amira Ghenim - Dario Nicoletti

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Letterature Festival a Roma martedì 9 luglio vedrà la partecipazione della tunisina Amira Ghenim, scrittrice e docente di Linguistica e Traduzione, vincitrice del premio Sheikh Rashid bin Hamad, entrata nella rosa dei finalisti dell’International Prize for Arabic Fiction con il romanzo La casa dei notabili (edizioni e/o, pagine 416, euro 19) e insignita del premio speciale della giuria del Comar d’Or, il più prestigioso premio tunisino. Ghenim ha scritto la saga di due famiglie negli anni Trenta in Tunisia, rendendo omaggio al ruolo delle donne nella storia e nei movimenti della moderna società tunisina. Ne abbiamo parlato con lei anticipando il suo incontro con il pubblico, a partire dal titolo del Letterature Festival di quest’anno, che rende omaggio a Elsa Morante, ed in particolare al romanzo La storia.

Ghenim, cosa significa per lei la storia?

« Per me la storia è innanzitutto un serbatoio di progetti narrativi. Contiene un’infinità di fatti reali, ma anche un’infinità di bugie imposte all’immaginario collettivo come fatti reali. Molte persone prendono ciò che gli storici dicono come verità assoluta. Personalmente, provo piacere nel dipanare il tessuto di menzogne proponendo altre alternative. Per me la storia è anche un grande pezzo di formaggio svizzero pieno dei famosi buchi che ne costituiscono l’enigma. La storia non racconta tutto. Lascia dei vuoti che sono tesori inestimabili per i romanzieri. Più storia c’è in un romanzo, più buchi ci sono, che solo l’immaginazione del romanziere può riempire come meglio crede».

Parlando de La storia, ambientato nella Roma della seconda guerra mondiale, un altro tema sollevato dal festival è la guerra, che spesso nasce da tensioni economiche, politiche e sociali. Qual è la situazione in Tunisia oggi rispetto a questi tre temi?

«La Tunisia ora è in pace. Abbiamo avuto bisogno di molto buon senso per superare i momenti difficili che hanno seguito la partenza del presidente Ben Ali. È vero che la situazione economica oggi non è delle migliori e che le tensioni sociali si fanno sentire sempre di più, ma i tunisini sono al riparo dagli errori di valutazione del passato e credo che questa volta sapranno sostenere le scelte politiche necessarie per migliorare il futuro del Paese».

Il suo romanzo ( La casa dei notabili) intreccia i segreti di due famiglie con la storia contemporanea della Tunisia, ponendo l’accento sulle donne e su coloro che non hanno voce. Qual è la situazione delle donne oggi in Tunisia?

« La trama del romanzo si sovrappone alle trasformazioni che la Tunisia ha subito nel corso di oltre un secolo. Non dimentichiamo che l’avanzamento delle donne è il fiore all’occhiello della società tunisina nel mondo arabo, e che dobbiamo questa gloria al codice di statuto personale imposto dal presidente Bourguiba e ispirato dagli scritti di Tahar Haddad, uno dei personaggi chiave del romanzo. Per quanto riguarda la condizione delle donne tunisine, pur essendo chiaramente preferibile a quella delle loro omologhe nel mondo arabo- musulmano, non è la migliore nel migliore dei mondi possibili. C’è ancora molta strada da fare, soprattutto in termini di mentalità».

Tornando al rapporto del festival con la storia, in questo libro lei ha scritto una sorta di storia non ufficiale di personaggi la cui immagine è stata falsificata dalla memoria collettiva?

«Credo che l’integrazione della storia nella narrativa sia diventata un luogo comune nella scrittura dei romanzi moderni. È una svolta molto rivelatrice che getta nuova luce sulla vecchia competizione implicita tra romanzieri e storici. Fin dall’antichità, i confini tra reale e immaginario nella scrittura storica sono sempre stati labili, il che ha dato agli storici la possibilità di introdurre un elemento di finzione nella loro narrazione dei fatti storici. Ma mentre gli storici hanno sempre rivendicato la veridicità dei loro resoconti, rifiutando l’ipotesi della finzione nella storia, i romanzieri non hanno mai negato il recupero dei fatti storici per utilizzarli nel mondo fittizio del romanzo. È quello che ho cercato di fare in questo romanzo».

Nel suo libro lei dà anche voce agli oppressi. È una bella risposta a chi dice che la storia è scritta solo da chi vince, no?

« Ha effettivamente sottolineato il punto essenziale. Questo romanzo ha dato agli oppressi una voce forte e potente per raccontare capitoli su cui la storia aveva taciuto, dando voce a donne schiacciate che raccontano le loro tragedie personali al servizio dell’aristocrazia e smascherando il disgustoso razzismo e il vergognoso sfruttamento. Le donne del romanzo sono custodi della vera memoria e testimoni degli scandali di un patriarcato avaro che ha dato origine alla vicenda».

Quanto è cambiato tra la Tunisia degli anni Trenta e quella di oggi, e quanto ancora deve cambiare?

« Molto è cambiato. Il Paese ha riconquistato l’indipendenza e dal 1957 sono entrate in vigore una serie di leggi progressiste volte a stabilire l’uguaglianza tra uomini e donne in diversi settori. Queste leggi hanno dato alle donne una posizione senza precedenti nel mondo arabo, in particolare abolendo la poligamia, creando una procedura giudiziaria per il divorzio e autorizzando il matrimonio solo con il consenso reciproco di entrambi i coniugi. Ciò che non è ancora cambiato è la mentalità conservatrice di un’ampia parte della società tunisina, ancora reticente nei confronti della parità tra uomini e donne in termini di eredità».

Per ambientare il libro negli anni Trenta quali ricerche ha svolto?

« Innanzitutto ho dovuto ripercorrere l’architettura della medina di Tunisi. Molti dei luoghi citati nel libro sono stati ripresi dai miei ricordi degli anni ‘80. Altri, specifici degli anni ‘30, sono stati il frutto di mie ricerche sul tema. Ho attinto a libri di storia e a vecchi documentari. Per il resto, l’immaginazione ha colmato le ultime lacune».

Ha letto Elsa Morante? Quali sono i suoi riferimenti letterari?

«Sì, ho letto di recente la versione francese de La storia. È un romanzo affascinante, con una costruzione perfetta che sposa uno stile di scrittura sofisticato. Per quanto riguarda i miei riferimenti letterari: i classici della letteratura araba, francese e russa sono stati i primi libri che ho letto da giovane. Negli ultimi anni invece mi sono interessata maggiormente alla letteratura asiatica».

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