Un'immagine di scena del Figliol Prodigo
Salire su un palcoscenico e farsi giudicare dal pubblico. Come attori, però, e non come uomini. Perché i quattordici detenuti del carcere di Opera che interpretano il musical Il figliol prodigo il conto con la società per gli errori che hanno commesso lo stanno già pagando. Molto salato.
Appartengono tutti al Circuito Alta Sicurezza della Casa di Reclusione milanese, sono ergastolani, o quasi, condannati a pene pesanti per mafia o altri gravi reati. Per la legge sono “pericolosi”. Eppure hanno trovato, con l’aiuto delle istituzioni e accompagnati dalle persone giuste la loro strada di redenzione. E di sicuro negli applausi della platea che abbiamo condiviso al Teatro della Luna di Milano (il musical è andato in scena venerdì 17, sabato 18 e domenica 19 novembre), c’è anche un riconoscimento al valore della loro persona, grazie a qualità artistiche che non pensavano di avere, per la bellezza e il messaggio di speranza che sono stati capaci di trasmettere cantando e recitando in uno spettacolo “forte”, la cui trama si basa proprio sulle virtù del perdono e della misericordia, le stesse che stanno sperimentando con fatica dietro le sbarre.
Enzo, Giuseppe, Giovambattista e i loro compagni di avventura, impegnandosi nel laboratorio teatrale fatto nascere dieci anni fa da Isabella Biffi all’interno dell’istituto di pena, hanno scoperto la gioia di mettersi in gioco per un bene comune e di donare agli altri un po’ di felicità. Dimostrando anche che – credendoci e perseverando – si può cambiare la propria vita e vincere la sfida, non solo giudiziaria, rappresentata da quel fatidico e controverso terzo comma dell’articolo 27 della Costituzione: «Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato».
Il figliol prodigo è stato il “musical del Giubileo”, andato in scena, sempre in sold out, all’Ariston di Sanremo e all’Auditorium della Conciliazione di Roma, è stato proposto con identico successo ad altri detenuti e “benedetto” pure da papa Francesco che rispondendo alla lettera inviatagli da tredici reclusi di Opera per presentare il loro progetto di emenda sociale ed umana ha affermato: «Tutti noi facciamo sbagli nella vita, perchè siamo peccatori. E tutti noi chiediamo perdono di questi sbagli e facciamo un cammino di reinserimento...».
Il musical, scritto e diretto dalla cantautrice e regista Isabella Biffi, in arte Isabeau, sviluppa nella trama, sotto forma di favola, la parabola del Vangelo di Luca che racconta del ritorno del figlio minore nella casa paterna dopo aver sperperato le ricchezze e talenti ma viene ugualmente accolto e perdonato dal padre.
La struttura musicale comprende canzoni melodiche e pop su cui si innestano danze arabe, ritmi rock e suoni stile disco. Gli autori delle partiture, tutte originali, sono Gino De Stefani (che ha composto anche per Fabrizio De André, Laura Pausini, Venditti e Al Bano), Fabio Perversi, polistrumentista dei Matia Bazar, Osvaldo Pizzoli, voce solista, flauto e sax del gruppo I Panda, e della stessa Biffi. I costumi sono di Claudia Frigatti, le coreografie di Ivana Scotto, le luci di Giancarlo Toscani. Le scenografie, con immagini che scorrono su un maxischermo, sono firmate da Verena Idri. I ballerini sono professionisti, come la bravissima interprete di Noha. Ultima replica sul palco del Teatro della Luna, oggi (ore 15.30).
Il Laboratorio del Musical di Opera è un progetto di volontariato realizzato grazie alla condivisione istituzionale del direttore dell’istituto, Giacinto Siciliano (a cui è dedicato lo spettacolo in scena a Milano) e alla collaborazione dell’associazione culturale Eventi di Valore: fa leva sulle arti dello spettacolo come mezzi di rieducazione e “rivoluzione umana”.