mercoledì 9 febbraio 2011
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Sembra di vederli quei cavalieri di mille e seicento anni fa, armati di scudi e lance, urlare di soddisfazione per la vittoria insperata o fuggire sanguinanti o, peggio, restare esanimi a terra calpestati dai cavalli dei vincitori. Solo loro, in quella spianata con vista sul mar Tirreno e protetta dalle montagne madoniti, ideale per scontri in campo aperto, poco distante dalle mura della ambita città greca di Himera, proprio come narra Diodoro Siculo. Basta guardare quelle diecimila tombe, quei reperti, quei segreti che la terra ha conservato per la gioia di chi sarebbe riuscito a ritrovarli, per cancellare in un colpo autostrada e svincoli, capannoni industriali e centrali elettriche del palermitano, e rivedere la piana di Buonfornello nella sua verginale bellezza.Proprio lì, a poche centinaia di metri dallo stabilimento Fiat di Termini Imerese che si avvia verso la drammatica chiusura, in oltre due anni di scavi archeologici è stata riscoperta la necropoli occidentale di Himera, ritenuta la più grande venuta alla luce in tutta la Sicilia. Un ritrovamento reso possibile dallo straordinario lavoro della Soprintendenza ai beni culturali di Palermo, in piena collaborazione con le Ferrovie dello Stato (Rfi, Italferr e il general contractor Cefalù 20), impegnate sulla costa palermitana per la realizzazione del raddoppio ferroviario Palermo-Messina nel tratto di circa 20 chilometri Fiumetorto-Ogliastrillo (responsabile dei lavori Roberto Galiano, amministratore della C&Emme Group), che hanno interamente finanziato le indagini. Dal settembre 2008 sono state esplorate complessivamente 9.150 tombe, databili lungo tutto il periodo di vita della colonia greca, con risultati straordinari riguardo alla conoscenza dei riti e dei costumi funerari, ma anche commerciali e di vita quotidiana, di Himera. La città, fondata nel 648 a.C. da un gruppo di coloni misti, clacidesi provenienti da Zankle (Messina) e dall’isola Eubea, e dorici originari di Siracusa, rimase in vita per circa 240 anni, fino alla distruzione definitiva per mano dei Cartaginesi nel 409 a.C. E sono proprio i lunghissimi e ripetuti scontri con gli eserciti fenici ad essere testimoniati direttamente, osservando le sepolture a tre metri e mezzo di profondità lungo l’autostrada.Sotto la coltre di argilla, infatti, un centinaio tra operai, archeologi, disegnatori, antropologi e restauratori, coordinati dall’archeologo Matteo Valentino, hanno rinvenuto nove fosse comuni, identificate con le sepolture collettive di soldati morti nelle grandi battaglie combattute davanti alle mura di Himera nel 480 a.C., quando i Greci sconfissero l’esercito cartaginese, e nel 409 a. C., quando i Cartaginesi attaccarono e distrussero definitivamente la città. Nelle fosse i cadaveri vennero deposti allineati, uno di fianco all’altro, da un minimo di due a un massimo di 59 individui, tutti di sesso maschile. Molti scheletri presentano tracce di violenti traumi causati da armi da taglio (spade, pugnali) o da lancio (frecce e lance). E poi ci sono i cavalli, seppelliti in 25 tombe, proprio come gli uomini, per onorare il loro sacrificio decisivo per l’affermazione dell’esercito greco nella battaglia del 480. «Questi scavi hanno consegnato dati scientifici eccezionali, a partire dalle moltissime informazioni sulla cultura materiale - spiega Stefano Vassallo, direttore dell’unità operativa per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo -. Dalla conservazione e dallo studio dei reperti verrà fuori la vita della città, gli usi, i costumi. In questo momento stiamo studiando un percorso di valorizzazione, che potrebbe diventare un’importante attrattiva turistica per il territorio». Perché nei venti container pieni di oltre 8.400 reperti c’è veramente di tutto. Nei 12.500 metri quadrati scandagliati dagli scavi sono testimoniante tutte le tipologie di sepoltura ricorrenti nel mondo greco in età arcaica e classica. Ci sono due tesoretti di monete d’argento, in tombe femminili della seconda metà del V secolo a.C.; ci sono contenitori di terracotta utilizzati per accogliere i corpicini dei neonati nelle tombe di tipo enchytrismos, perfettamente conservate; si individua una precoce manifestazione dell’uso di deporre monete nelle sepolture, il cosiddetto "obolo di Caronte". Ci sono monete provenienti dalle varie colonie, così come anfore greco-orientali ed etrusche, a testimoniare le relazioni di Himera col mondo antico. È perfino tramandata una scenetta nella bottega di un vasaio: le impronte di un cane impresse in una tegola raccontano come l’artigiano abbia scacciato dal laboratorio l’animale venuto a pestare l’argilla ancora fresca.Assolutamente entusiasta Francesca Spatafora, direttore del neonato Parco archeologico di Himera, che può già contare su un Antiquarium ricchissimo che adesso ospita la Phiale aurea, ma non ancora entrato a pieno titolo nel circuito turistico, se in tre anni è riuscito a fare appena 35 mila visitatori. «Entro tre anni, con i fondi europei, realizzeremo un nuovo museo con il patrimonio ritrovato nella necropoli occidentale - afferma -. Stiamo portando avanti un accordo con le Ferrovie per potere avere alcuni manufatti ferroviari ormai in disuso. Questa è un’occasione unica per un territorio di cui, in passato, non è stata rispettata la naturale vocazione e che adesso, divenuto vulnerabile anche sotto il profilo sociale ed economico, richiede interventi adeguati a ritrovare i più autentici valori tradizionali che ancora esprime».Un riferimento chiaro alla rinuncia di Fiat di investire sullo stabilimento storico di Termini Imerese, che chiuderà nel 2012. «Nel momento in cui l’industria indietreggia - osserva il sindaco di Termini, Salvatore Burrafato -, bisogna cambiare passo. Dobbiamo puntare con convinzione ad altre iniziative che possano cambiare il volto della nostra città e credo che la valorizzazione di Himera possa essere decisiva».
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