Gilberto Gil ha una corona di capelli bianchi sulla testa e, raccolta, una coda di rasta castani che si gettano all’indietro. Lo sguardo è magnetico, il sorriso coinvolgente. La sua musica si vede, si sente, si danza. È lui l’evento del Festival LatinoAmericando di Milano. Un concerto di pura energia carioca, muscolare e spirituale al tempo stesso, quello che Gil ha tenuto ieri sera al MediolanumForum di Assago. Una musica che va al di là delle etichette e che nel suo samba porta inscritto tutto l’eclettismo del personaggio: compositore, strumentista, movimentista, pensatore e politico. Dalle spiagge giovanili di Salvador de Bahia, dove si dilettava con l’accordeon, alla fuga a Londra, in esilio per aver dato vita alla rivoluzione Tropicalista assieme a Caetano Veloso: un sessantotto che a ritmo di samba opponeva alla rigida repressione militare la libertà estetica di cinema, musica e teatro. Nei sessantasette anni che non dimostra, Gil ha accompagnato gran parte della storia del Brasile, dalle dittature militari al socialismo rivisitato dal presidente Lula, di cui è stato ministro della Cultura per cinque anni. Un’investitura che ha abbandonato l’agosto scorso per tornare a dedicarsi a tempo pieno alla musica. «Il richiamo è stato più forte di ogni cosa» aveva detto. Ritmi e melodie che sanno mescolare la cultura brasiliana con le sperimentazioni strumentali più contemporanee, dal rock reggae, al jazz: una trama fittissima di vita e vitalità proposte anche nello show milanese intitolato come una delle sue canzoni più famose, Aqui e Agora. Qui e ora, in Italia, a Milano, dove ha anche ricevuto un’importante onorificenza dal sindaco Letizia Moratti, tributo alla poliedrica personalità dell’artista, «ambasciatore della cultura e della coscienza critica del Brasile moderno, anima politica del proprio Paese, nonché simbolo universale di impegno sociale a sostegno della lotta contro la fame nel mondo». Un riconoscimento al suo ruolo di ambasciatore della Fao (fu lui a proporre il Programma Fame Zero in Sudamerica) e di musicista globale, capace di parlare al mondo con l’aria festante del suo Brasile. «Questo eclettismo – ha detto Gil – credo sia necessario all’uomo moderno. Potersi occupare di tanti problemi è una qualità umana e io sono orgoglioso di poter rappresentare questo tipo di persona che serve ad affrontare le sfide del nuovo millennio. La vita umana rimane una sola ma la nuova dimensione dell’umanità è quella di fare ed essere tante cose». Il cantante-politico che è riuscito a promuovere la cultura in zone poverissime del Brasile contro l’analfabetismo dilagante, è cosciente del ruolo e della missione che si è scelto «Gli individui che hanno una dimensione pubblica, che siano politici o musicisti, devono assumersi una responsabilità sociale, ecologica, culturale nei confronti di questo mondo. Un mondo che ormai non può che essere multietnico e multiculturale. E Milano è una di quelle città globali che dimostrano come la musica riesca e deve continuare a integrare comunità diverse, come quella latinoamericana».