lunedì 17 ottobre 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
Le contaminazioni, al cinema, non finiscono mai. Per colpa di una graphic novel creata nel 1997 il connubio sembrerebbe questa volta impossibile: western e fantascienza, ossia cowboys e alieni (Cowboys and aliens), il nuovo kolossal di Jon Favreau in sala da venerdì scorso, dove il mito della frontiera incontra la paura per gli extraterrestri e non più quella per gli Apaches. Daniel Craig è l’eroe misterioso sul quale la cittadina di Absolution ripone le speranze per  vincere l’invasione aliena, Harrison Ford il tiranno locale che deve cedere ai suoi rigori per salvare la pelle. «Quando me l’hanno proposto – rivela Ford – credevo si trattasse di uno scherzo. Non sapevo che tono potesse avere il film. Ma ho tenuto sotto controllo le mie reazioni e mi sono detto che avrei fatto meglio a leggere prima la sceneggiatura. La storia mi è parsa interessante e così ho accettato».Lei e il regista Favreau vi siete dunque ritrovati: con quali intenzioni?Il desiderio di fare un western serio e ambizioso, dove la fantascienza è soltanto un elemento accessorio. Io non mi trascino pesantemente da un film all’altro, ogni nuovo personaggio è una possibilità unica, deve essere in grado di raccontare bene una storia e non avere alcun riferimento con quelli che ho fatto prima.Dicono sia molto intransigente nel suo lavoro.Trovo ci sia un’impronta particolare per ogni film che ho girato nella mia carriera. Ciò che mi prefiggo ogni volta è che il pubblico abbia la percezione di come io abbia lavorato duro, per dare il meglio di me. Considero il pubblico che va a vedere un mio film non come un gruppo di fan, ma dei clienti che hanno diritto ad avere un buon prodotto.Nella sua carriera c’è di tutto: avventura, fantascienza, thriller. E la commedia?Non scrivono molte commedie per un uomo di 69 anni, per lo più si concentrano su ragazzi che partecipano a una festa di laurea o ad un fine settimana in cui ci si sposa. Allora come vede i suoi personaggi entrando nei settanta?La bellezza del cinema è che ci sono personaggi per tutte le età. Non hai bisogno di nessuno a fianco, non è come un pilota che deve avere in cabina un vice di quarant’anni per poter continuare a pilotare un aereo. L’importante è continuare a lavorare onestamente fino a quando capisci che c’è ancora spazio per te.Ha fatto l’esempio di un aereo: quali sono le qualità di un buon pilota, visto che spesso si mette ai comandi?Come quelle di un bravo attore: disciplina, libertà e responsabilità.Ma prima del pilota e dell’attore, ha fatto il falegname.Dopo la scuola superiore sono andato a Los Angeles sapendo che non avrei seguito la strada di tanti miei compagni, ossia fare lo stesso lavoro per venticinque anni e con la stessa gente. Avevo già recitato a livello amatoriale e pensavo che forse sarei potuto diventare un attore. Ma questa è una storia molto più complicata di quello che potete immaginare. Mentre recitavo, ho capito che: mi terrorizzava essere su un palcoscenico di fronte alla gente; mi piaceva vincere quella paura e lavorare con un gruppo di persone per raccontare storie. Ma i contratti che avevo cominciato a firmare, per piccole parti al cinema, non mi andavano a genio. Per farla breve, sono passato alla televisione, poi mi sono improvvisato falegname mentre contemporaneamente, pieno di paura e senza che nessuno lo sapesse, continuavo a fare l’attore in ruoli che cominciavano a piacermi (in American Graffiti e La conversazione) fino a quando, nell’ufficio di Coppola, George Lucas mi ha intervistato e la parte di Han Solo in Star Wars è stata mia.E Indiana Jones, tornerà?Spielberg mi ha detto che sta lavorando al numero cinque della serie. E se l’idea sarà buona...
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: