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Nell’operazione di salvataggio, come si vede nelle immagini del tempo custodite presso l’Archivio della nostra Marina, furono impiegati piroscafi italiani, francesi e britannici. Per i malati e i feriti giunsero in soccorso 5 navi ospedale e 2 navi ambulanza italiane. La Regia Marina compì 440 viaggi di trasferimento in cui furono impegnate navi come il Città di Bari, Città di Siracusa e Città di Palermo. Purtroppo ci fu la perdita del cacciatorpediniere Intrepido e il dragamine Monsone. Più di 340mila persone furono tratte in salve, ma anche tanti animali. Furono più di 26mila infatti tra cavalli e muli. Immagini, queste, che fanno un certo effetto cento anni dopo, con il Mediterraneo ancora una volta al centro di esodi da parte di gente che fugge dalle guerre e di soccorsi che vede la Marina militare in prima linea sul fronte umanitario. “Moltiplicare e adattare le attività alle più svariate congiunture”, così si esprimeva il Grande Ammiraglio Paolo Thaon di Revel, condottiero della vittoriosa flotta, riassumendo la complessità di articolazioni e competenze che ancora oggi caratterizzano la Marina Militare – spiega il comandante Leonardo Merlini, capo sezione editoria dell’Ufficio Storico della Marina -. Con quella immensa operazione la Regia Marina infatti non solo contribuì alla riorganizzazione dell'Esercito serbo, che tre mesi dopo si poté unire alle forze dell'Intesa rendendo il proprio contributo sul fronte macedone. Ora come allora il mare, che geograficamente delinea e traccia i confini di popoli e nazioni, rappresenta il naturale crocevia di intrecci commerciali, culturali e artistici”.
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