Anche ai cristiani piacciono i «tecnici». Come altro giudicare, sennò, una San Paolo che propone il ministro Andrea Riccardi, la focolarina Città Nuova che pubblica il «profeta laico» del rigore economico Luigi Einaudi (!) e soprattutto la Claudiana che ha il coraggio di lanciare addirittura i discorsi politici dello spauracchio dei mercati europei, ovvero Angela Merkel?!? Sì, il Salone di Torino si apre in clima di crisi pure per l’editoria cattolica; ma ciò non significa che manchino le sorprese, e gli spunti per combatterla. Al contrario: l’appuntamento subalpino sarà anche l’occasione per tastare la capacità di reazione che le librerie religiose sanno dimostrare. Capo primo: la miglior difesa è spesso l’attacco. Perciò, se fino a poco fa era unanime l’allarme per l’«invasione di campo» che l’editoria «laica» produceva entrando con tutto il suo peso nelle librerie religiose, rubando autori e piazzando titoli, adesso s’innesca il movimento contrario; ovvero sigle cristiane che – pungolate anche dalla difficoltà economica – tentano di far concorrenza ai colossi sul loro stesso terreno.Prendiamo Cantagalli: al Lingotto si presenta addirittura con Vittorio Sgarbi, autore per la casa senese dell’
Ombra del divino nell’arte. Prestigioso! Ma sarà costata non poco, una firma del genere... Il direttore editoriale
David Cantagalli lo ammette: «Sì, per noi è stato un grosso investimento, ma anche Sgarbi alla fine ci è venuto incontro. E ne siamo molto contenti: tiriamo difatti 10 mila copie, parecchio per noi che pure abbiamo in catalogo il Papa. Che dire? Di questi tempi si cerca una strada che porti ad avere visibilità e peso anche nel mercato laico; e non solo per questione economica, ma anche culturale: noi cattolici abbiamo qualcosa di importante da dire non soltanto ai credenti, bensì agli uomini più in generale e in tutti i settori delle attività umane». Ma si regge poi la concorrenza? «Quello è un problema, soprattutto per via della distribuzione: la rete cattolica, infatti, pur con tutta la sua buona volontà non può competere con i marchi laici; bisognerebbe riorganizzare il settore. Noi cerchiamo di ovviare con qualche escamotage: per esempio la vendita diretta o l’organizzazione di eventi che poi approdino allo smercio di libri».Non meno intraprendente sembra
Donato Salmi di Città Nuova, che al Salone porta una sintesi del pensiero di Luigi Einaudi intitolata
Verso la città divina. Einaudi?!? Non risulta che questo maestro del pensiero liberale fosse anche un credente... «Infatti. Ma sorprende come questo "laico", nella sua proposta di soluzione di temi politici ed economici, faccia riferimento anche a valori vicini a quelli cristiani. E noi cerchiamo di accogliere tutte le posizioni condivisibili, ovvero quelle che partono da una sana idea dell’uomo; compreso il richiamo alla politica praticata con coerenza morale». Rigore,
spending review, tagli: anche voi dunque rispondete alla crisi secondo il modello Monti? «Indubbiamente abbiamo rivisto le nostre politiche aziendali, con tagli che certo non riguardano il personale (come potremmo, visti i nostri tanti titoli sulla difesa della famiglia e sull’"economia di comunione"?) ma tutte le spese che possono essere eliminate organizzandoci meglio. E poi prestiamo ancor più scrupolosa attenzione a ciò che si pubblica, valutando il prodotto sui destinatari "sicuri" e calcolando benissimo tiratura e prezzo di copertina: adesso non è momento di rischiare, tuttavia margini di manovra ci sono. L’anno scorso, per dire, grazie a un’operazione di sconti, siamo riusciti ad aumentare di un terzo le vendite della nostra prestigiosa collana di patristica». Come dire: non proprio i manuali di cucina della Parodi...Ma su questo chiodo batte pure
Crispino Di Girolamo del trapanese «Pozzo di Giacobbe», marchio sempre più rampante nel settore (è il primo nell’editoria cattolica per bambini): «La nostra ricetta va controcorrente: non ritirarsi, bensì pubblicare di più ed essere sempre più presenti». Già, ma se poi non vendi? «Forse è un bene essere piccoli, almeno in questo frangente: voglio dire che, con una redazione leggera e virtuale e attitudini decisamente artigianali, si riesce ancora a galleggiare». E magari pure a pubblicare titoli provocatorii e attuali come quelli che portate a Torino... «Già. Un saggio sul rapporto tra teologia e politica secondo Ratzinger, un altro sulla
Crisi come esperienza morale in Dossetti, un terzo sulla "liberazione che viene dal Sud"».Una strategia in cui dovrebbe ritrovarsi
Manuel Kromer, direttore della Claudiana; d’altronde, presentandosi al Lingotto con un titolo come «Pedagogia del coraggio»... «Sì, cerchiamo di resistere e devo dire che riusciamo anche ad andare benino. Il segreto? Limitare i volumi più spessi al minimo indispensabile e abbassare il prezzo medio (l’anno scorso siamo scesi del 20%). E poi diversificare, come facciamo da qualche anno svariando anche nel campo "laico": non per nulla ora stampiamo le
Lettere dal carcere di Sacco e Vanzetti e i discorsi della Merkel, mentre in autunno uscirà un
Vangelo secondo i Beatles con cui speriamo di ingolosire nuovo pubblico. La creatività non ci manca di sicuro». Tirar la cinghia e far girare le rotelle: può bastare?
Don Giacomo Perego è a capo della San Paolo da appena 7 mesi: «Stiamo cercando di percorrere due vie molto precise. La prima è il rafforzamento di tutte le operazioni del Gruppo San Paolo (periodici, emittenti radiotv, realtà multimediali…): unire le forze, in un momento come questo, diventa un imperativo per essere efficaci e coerenti con la nostra missione. La seconda strategia consiste nel percorrere con più decisione le vie della crossmedialità e del mondo digitale, con progetti ben fatti, originali e specifici, allenando le nostre strutture alla flessibilità e al cambiamento. Anche le criticità della diffusione e dei punti vendita si trasformano, in tal senso, in una sfida per capire quali vie prendere per continuare il dialogo con i lettori». Decisamente orientata al futuro pure la casa «sorella», le Paoline, rappresentate dalla direttrice generale suor Bruna Fregni: «Al Salone saremo presenti con uno stand che fin dalla scenografia si richiama al concetto della Rete: un percorso visivo che passa da famiglia, città e scuola per arrivare alla Chiesa. La nostra risposta alla crisi infatti – oltre a qualificare la produzione, scegliere meglio gli autori e incentivare il sostegno al libro dopo la stampa – è l’investimento sulle nuove tecnologie. Abbiamo già iniziato un esperimento con titoli e-book, siamo on line con una distribuzione di Mp3 su piattaforma europea, pratichiamo l’e-commerce; e poi ci sarebbero le app, le applicazioni per iPad: penso al loro utilizzo nella pastorale, per esempio. Ma l’evoluzione è talmente rapida... E le risposte del mercato, invece, piuttosto lente».Anche padre Gilberto Zini, manager dell’Àncora, a fine giugno sarà sul mercato con 50 e-book; tuttavia assesta un colpo di freno alla tendenza: «Nessuno s’illude di far business con questo; è un canale alternativo sul quale essere presenti attendendo il momento giusto. Siamo peraltro convinti che il digitale non punirà le librerie, anzi i due aspetti dovrebbero convivere; tanto che stiamo pensando anche a un corner e-book nelle nostre filiali, per aiutare l’italiano medio a superare il sospetto nell’uso delle carte di credito on line». Però, voi così «avanzati», al salone di Torino non ci sarete, e per il terzo anno consecutivo; come mai? «Proprio perché riteniamo che la formula sia superata e ripetitiva e preferiamo investire in altre forme di comunicazione e di pubblicità». Quali? «Beh, non vorrei dare idee alla concorrenza... Cerchiamo di affinare la linea editoriale orientandola sui campi dove otteniamo più risposte: lanciamo segnali e – quando si colgono i punti di forza – cerchiamo di sostenerli, lasciando cadere invece ciò che risulta debole».Alla coesistenza tra carta ed elettronica crede iuxta modum pure padre Pierluigi Cabri, dal marzo 2011 direttore delle Edizioni Dehoniane di Bologna: «Il digitale ci coinvolge molto perché significa anche imparare a comunicare in modo nuovo. Però non credo sia una prospettiva immediata, si tratta di trasformazioni in tempi lunghi; la crisi è molto complessa, non si può risolvere tuffandosi completamente in questo modo di concepire il prodotto. Peraltro siamo stati i primi, nel lontano 1988, a inserire un supporto elettronico in un libro di religione per le superiori: all’epoca era un floppy, poi (sempre nel settore scolastico) sono venuti cd, dvd, mp3, fino all’attuale aggiornamento on line». Ma nell’editoria ordinaria? Tra l’altro – ad esempio i titoli in uscita su grandi figure come il cardinale Pellegrino e Pietro Scoppola – producete molti repertori ecclesiali, dove il digitale sarebbe manna... «È vero. Per ora usciamo con un’audiobibbia in mp3 letta da professionisti, un prodotto di alta qualità che parte dal Nuovo Testamento pensando di allargarsi poi a tutta la Scrittura. Sempre in compresenza col cartaceo, però».Sguardo finale riservato a Giovanni Cappelletto che, oltre a dirigere il Centro Ambrosiano, è presidente della Uelci (Unione editori librai cattolici italiani): «La crisi c’è, il rapporto Nielsen sulla lettura ha certificato nel 2011 un calo di oltre il 20% del fatturato. Ma soprattutto stanno cambiando i comportamenti dei lettori e gli editori cattolici devono capire come. Per questo l’Uelci ha commissionato all’Ipsos il secondo "Osservatorio dell’editoria religiosa", che ai primi di giugno fornirà sia i dati della produzione 2011 (oltre 4000 titoli "spirituali"), sia gli atteggiamenti degli italiani verso il libro religioso». Ma intanto, che fare per reagire alla crisi? «Cercare di produrre meno (troppi titoli in giro!) e meglio, libri cioè che rispondano di più alle esigenze concrete della nostra base. Poi curare il linguaggio: per catturare tutti i possibili interlocutori non si può parlare un gergo troppo clericale». E – se non funzionasse nemmeno quello – si può sempre ricorrere all’extrema ratio indicata sorridendo da padre Zini: «Finora il nostro socio di maggioranza non ci ha mai lasciato per strada; si chiama Divina Provvidenza». E così sia.