La custodia e la salvaguardia del creato sono ormai diventate uno dei temi più presenti nella meditazione dei cristiani, un tema che raccoglie una grande attenzione da parte di tutte le Chiese, attraverso il quale l’ecumenismo trova una possibilità di esercizio in una stagione per molti aspetti non facile. Già molte volte le Chiese cristiane insieme hanno fatto sentire la loro voce per denunciare «i peccati contro la natura» e per indicare ai cristiani e agli uomini tutti un mutamento nel loro rapporto con la creazione. Certamente potremmo chiederci se questa attenzione al tema non sia giunta in ritardo, sollecitata dal sorgere e dal diffondersi dei movimenti ecologisti, e si potrebbe anche rispondere in modo affermativo, non dimenticando che la teologia – e unitamente a essa l’attenzione ecclesiale – negli anni ’50-’70 del secolo scorso privilegiava temi non particolarmente favorevoli a una valutazione positiva della natura: l’interesse infatti andava soprattutto alla storia. Potremmo inoltre denunciare che questo interesse per il tema ecologico sovente appare un tentativo di recupero precipitoso, a volte anche una confessione di mea culpa, talora fatta con poco discernimento, per il peccato di antropocentrismo: va detto infatti che per secoli animali e vegetali sono stati considerati come un mero contesto per la vita dell’uomo, come nient’altro che strumenti al suo servizio. Ma occorre anche affermare che l’interesse per la creazione, e dunque per il rapporto dell’umanità con essa, è un’istanza della fede biblica. Sì, ci sono «ragioni cristiane» assolute e precise per l’ecologia, ragioni mai separabili dal tema della giustizia e della pace. La tradizione cristiana, infatti, non può e non sa separare giustizia ed ecologia, condivisione della terra e rispetto della terra, attenzione alla vita della natura e cura per la qualità buona della vita umana. Questione sociale e questione ambientale sono due aspetti di un’unica urgenza: contrastare il disordine, la volontà di potenza, far regnare la giustizia, la pace, l’armonia. La Terra è desolata quando viene meno la qualità della vita dell’uomo e della vita del cosmo, e la qualità della vita umana dipende anche dalla vita del cosmo di cui l’uomo fa parte e nel quale è la sua dimora. Nel simbolo niceno-costantinopolitano, luogo privilegiato della fede apostolica e cattolica, la Chiesa confessa: «Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili». Questo primo articolo di fede proclama che la creazione non è opera né del caso né della necessità: essa è frutto della volontà di Dio che ha creato il mondo per amore e nella libertà: come recita il Catechismo della Chiesa cattolica, «il mondo trae origine dalla libera volontà di Dio, il quale ha voluto far partecipare le creature al suo essere, alla sua saggezza e alla sua bontà». Dio, che non aveva bisogno della creatura, ha fatto posto all’alterità fuori di sé, ha limitato la sua divina onnipotenza e ha creato – non costruito, non fatto, ma fatto uscire dalla sua volontà – l’universo per eccedenza d’amore, «per avere qualcuno di fronte a sé cui fare i suoi doni meravigliosi», come scrive sant’Ireneo di Lione. La natura non è divina, Dio non è la natura, c’è alterità tra Dio e la sua opera; d’altro canto la natura non è un puro dato consegnato al dominio dell’uomo. Il mondo non è Dio, ma è di Dio, è creatura che appartiene a Dio ed è data solo in custodia all’uomo, come dono affidato alla sua responsabilità: e l’uomo «a immagine di Dio» deve custodire quel mondo creato nella libertà e per amore da Dio, e da lui dichiarato «bello e buono« (Gen 1,4.10.12) nel suo esistere e nella sua finalità. Ma occorre leggere la creazione non solo a partire dall’Antico Testamento: bisogna leggerla da cristiani anche attraverso il Nuovo Testamento e comprenderla come opera trinitaria, ossia come opera di Dio compiuta attraverso il Figlio e nella potenza dello Spirito santo. Il Figlio di Dio, infatti, è la sapienza, l’architetto (Pr 8,30) attraverso il quale tutto è stato chiamato all’esistenza: «In virtù di lui esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui» (1Cor 8,6). Il Figlio è il «primogenito di ogni creatura» (Col 1,15), è colui attraverso il quale tutto fu fatto (cf. Gv 1,3; Col 1,16-17). Il Figlio è il mediatore di tutta l’opera creazionale, è il fondamento dell’esistenza dell’intero creato. Non si dovrebbe mai dimenticare questa visione cristiana della creazione che la esalta nella sua dignità, nel suo fondamento, nel suo destino. La creazione è stata fatta dal Padre «per mezzo di lui e in vista di lui» (Col 1,16), il Figlio; «Tutto ciò che esiste in lui è diventato vita» (Gv 1,3-4), ed è lui «l’erede di tutte le cose create» (Eb 1,2), perché tutte le creature saranno in lui reintestate, ricapitolate (cf. Ef 1,10), affinché «Dio sia tutto in tutti» (1Cor 15,28). L’universo dunque non è solo opera di Dio, sua creazione, come rivela l’Antico Testamento: esso è abitato dalla presenza di Dio, è destinato alla salvezza e alla gloria, è chiamato alla nuzialità con Dio tramite il Figlio che, fatto uomo, fa abitare nella carne umana creata la pienezza della vita divina! Ma la creazione è anche opera dello Spirito santo, forza operativa del Dio creatore. Quando nell’in-principio Dio creò il cielo e la terra, è attraverso lo Spirito di Dio aleggiante sulle acque (cf. Gen 1,2) e attraverso la Parola uscita dalla sua bocca che tutto venne all’esistenza, sicché il salmista può confessare: «Tu mandi il tuo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della Terra» (Sal 104,30). Contro il nulla Dio spira il suo soffio, sul caos fa posare il suo Spirito, con il suo soffio feconda le acque: ed ecco il cosmo, la vita. Ed è sempre lo stesso Spirito divino che dà vita all’argilla plasmata da Dio (cf. Gen 2,7; Gb 33,4), sicché Ireneo di Lione può leggere la creazione dell’uomo come opera delle due sante mani di Dio, la Parola e lo Spirito. Di conseguenza la creazione, come testimonia Paolo, rivela e narra l’eterna potenza, la divinità, le perfezioni invisibili di Dio, e gli uomini possono contemplarle (Rm 1,19-20) e perciò cercare Dio (At 17,27). Questa verità cristiana è di per sé ragione sufficiente per una nostra attenzione, custodia e responsabilità verso la creazione.
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