«Educare alla vita buona del Vangelo»: come molti ricorderanno, è il titolo con cui sono stati presentati gli Orientamenti pastorali dell’episcopato italiano per il decennio 2010-2020. Tale espressione conferma una certezza, le cui origini risalgono agli albori stessi del cristianesimo, secondo la quale la componente educativa occupa un posto centrale nell’annuncio evangelico e nella vita di coloro che si convertono alla verità di Cristo e vogliono rimanere fedeli a essa. Su questo tema troviamo pagine davvero memorabili nel famoso libro di Henri-Irénée Marrou (1904-1977),
Storia dell’educazione nell’antichità, che Studium ripropone ora in una edizione rivista e aggiornata. Il ponderoso volume risale al 1948, quando l’autore aveva 44 anni, e, a giudizio di Roberto Zanzarri, si presenta come un’«opera sterminata e sistematica, dove ogni dettaglio è analizzato, soppesato, ricondotto alle fonti, letterarie e non letterarie, in un dialogo costante, puntuale con gli altri studiosi per determinare l’esatto
status quaestionis ». La prima parte del testo è dedicata all’educazione classica da Omero a Isocrate; nella seconda, l’autore ricostruisce il quadro dell’educazione durante l’epoca ellenistica; nella terza, infine, Marrou concentra l’attenzione sull’ambiente educativo romano e, in particolare, su come tale ambiente si confrontò con la ricca eredità greca. Proprio all’interno di quest’ultima sezione dell’opera, il grande storico francese sviluppa riflessioni assai significative sul rapporto che venne a crearsi tra nascente cristianesimo ed educazione classica. La prima importante sottolineatura è riservata da Marrou al ruolo della famiglia e della Chiesa. I seguaci di Gesù compresero subito che l’educazione cristiana (la
en Christò paideia, come già verso l’anno 96 la definisce San Clemente Romano) non poteva essere impartita nelle scuole pubbliche: «La famiglia cristiana – scrive l’autore – è l’ambiente naturale ove deve formarsi l’anima del fanciullo… È ai genitori… che incombe la cura della formazione cristiana». Ma ben presto ci si rese conto che la comunità familiare non era in grado di soddisfare appieno le esigenze educative imposte dall’adesione alla fede nel Vangelo: «Per quanto importante sia questo compito della famiglia – afferma Marrou –, tuttavia è soltanto un aiuto; l’essenziale dell’educazione religiosa è rappresentato dall’iniziazione dottrinale che il neofita riceve dalla Chiesa». Comunque, l’insostituibile centralità accordata alla famiglia e alla comunità ecclesiale non spinse i cristiani verso un arroccamento: anche nel caso della scuola, essi tennero l’atteggiamento che contraddistinse il loro complessivo rapportarsi alla cultura classica, dinanzi alla quale non persero la loro identità, ma neppure vollero opporre un mero rifiuto, come avverte il celebre storico transalpino: «Perfettamente cosciente della necessità d’avere accesso alla cultura letteraria…, la Chiesa non ha visto altra soluzione che quella di lasciare la gioventù formarsi nelle scuole di tipo ellenistico tradizionale». I primi intellettuali cristiani non condannarono senza appello la cultura classica nella sua interezza, ma respinsero senza esitazioni gli abusi che di essa si potevano fare. A questo proposito, la lezione dell’antico cristianesimo non ha perso il suo vivo mordente e il monumentale lavoro di Henri-Irénée Marrou lo testimonia appieno. Esso manifesta bene anche lo spirito che animò costantemente il celebre intellettuale francese, come afferma Giuseppe Tognon nelle bella e illuminante prefazione: «L’opera ha un carattere simbolico perché riunisce in sé le tre dimensioni principali della complessa personalità del suo autore: il raffinato mestiere di storico, con le sue 'tristezze' per i limiti e 'per l’ambiguità essenziale della conoscenza storica', l’interesse per l’incarnazione del cristianesimo occidentale nella civiltà europea, la spiccata vocazione pedagogica e ricostruttiva».
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