Il giorno dopo la burrascosa Prima con il Don Carlo di Verdi - otto minuti di applausi, ma anche di fischi che non hanno risparmiato nessuno - la Scala fa quadrato attorno a Daniele Gatti. E giustamente, diciamolo subito, data la grande prova del direttore d’orchestra milanese. «Il risultato musicale è stato eccellente» dice il sovrintendente Stephane Lissner confermando la sua fiducia a Gatti, bersaglio la sera di Sant’Ambrogio di contestazioni piovute dal loggione già al suo apparire sul podio all’inizio del secondo atto. Fischi che sono arrivati anche prima del terzo atto e alla fine dell’opera. «Mi sembra chiaro che alcune decisioni delle ultime ore non siano piaciute a tutti» dice Lissner, lasciando intendere quello che in molti hanno pensato di fronte alle contestazioni: dietro i «buu» ci sarebbe la ripicca dei fans di Filianoti, il tenore messo in panchina dopo la deludente prova dell’Anteprima per i giovani e sostituito, a meno di ventiquattr’ore dal debutto, dall’americano Stuart Neill.Nessuna certezza, ma un’idea buttata lì anche dagli storici loggionisti della Scala che hanno apprezzato la direzione di Gatti. Filianoti domenica si è presentato alla Scala stemperando, però, le polemiche della vigilia quando aveva parlato di «pugnalata alle spalle» dando la colpa a Gatti del suo «licenziamento»: «Alla Scala auguro tutto il bene che si merita» ha detto il tenore calabrese che ha seguito il primo atto dell’opera (ma già al primo intervallo ha lasciato il teatro) in un palco insieme alla fidanzata di Neill. Per ora non si sa quando Filianoti canterà, ma sembra che il teatro sia alla ricerca di un altro tenore, quantomeno da tenere pronto nel caso di una indisposizione di Neill che andrà in scena anche domani quando in sala ci saranno ancora le telecamere per la realizzazione del dvd dello spettacolo.Il cantante americano ha superato l’ardua prova di Don Carlo grazie a una voce limpida e squillante - meno felice la resa scenica data l’imponenza del suo fisico. Eccellente (e a tratti commovente) la prova, a dispetto dei fischi, di Fiorenza Cedolins, dolente Elisabetta. Promossi dal pubblico il Filippo II di Ferruccio Furlanetto, il Rodrigo non senza pecche di Dalibor Jenis e la Eboli della veterana Dolora Zajick. Bocciato (e giustamente) il Grande Inquisitore di Anatolij Kotscherga. «Sono contento che i ragazzi dell’Anteprima abbiano recepito la modernità di Don Carlo che ho voluto mettere nel mio spettacolo» commenta il regista Stephane Braunschweig, anche lui, fischiato. Eppure il suo spettacolo - scene stilizzate e senza tempo, costumi cinquecenteschi - è rigoroso e rivela un grande lavoro sui cantanti. Certo, qualche ingenuità (non funziona sempre l’idea di doppiare i personaggi con controfigure di bambini), ma tante finezze che raramente si vedono all’opera. A convincere più di tutti, però, è stata la direzione di Gatti, una prova di maturità che potrebbe (dovrebbe) laureare il musicista milanese nuovo direttore musicale della Scala, ruolo vacante dal 2005, dal clamoroso addio di Muti. Il Don Carlo di Gatti è bello da togliere il fiato (grazie anche all’eccellente prova del coro di Bruno Casoni), emozionante perché ti arriva al cuore raccontando miserie e grandezza dell’uomo di ieri e di oggi, pieno di idee come il finale da brivido quando la musica, solitamente spinta dai direttori a volume impressionante, si spegne in un silenzio che, se fischi e applausi interrompono, ti resta scolpito nell’anima. E l’eccellenza che la Scala con Gatti sembra aver ritrovato va salvata (col contributo di tutti) da liti che appiano francamente stonate.