Era il 2004 quando la Disney realizzò l’ultimo cartoon tradizionale, con disegno in 2D. Poi ci sono stati i capolavori tridimensionali della Pixar che hanno rivoluzionato il mondo dell’animazione conquistando un pubblico sempre più vasto di adulti e piccini. «Ma le tecnologie non fanno la differenza – dice John Lasseter, capo della Disney – perché quello che conta è la storia». Ed ecco allora che la major di Topolino a cinque anni da
Mucche alla riscossa fa un passo indietro per raccontare con tecniche "antiche" una fiaba classica, quella de
La principessa e il ranocchio, riveduta e corretta da John Musker e Ron Clements (quelli de
La sirenetta e
Aladdin) e ambientata questa volta nella New Orleans jazz, magica e oscura degli anni Venti.Naturale quindi che l’eroina sia un’afroamericana, in perfetta sintonia tra l’altro con la neonata era Obama. La protagonista, che va a ingrossare le fila delle principesse disneyane, inesauribili fonti di campagne marketing e licensing, non è una fanciulla di sangue blu, tutt’altro. Siamo lontani dalla Cenerentola che fa la sguattera sognando il principe azzurro, anche se da questo film, così come da
Il libro della giungla e da
Gli aristogatti sceneggiatori e registi pescano a piene mani.Tiana ha imparato nella vita che l’unica cosa su cui si può contare è il proprio lavoro, così il suo sogno è quello di aprire un ristorante dove cucinare le sue squisite zuppe. Ce l’ha quasi fatta, ma poi finisce per inciampare in un principe al verde, Naveen, nullafacente e donnaiolo, trasformato in un ranocchio da un mago vodoo deciso a mettere le mani sui soldi della ragazza più ricca della città. Il bacio di Tiana non cambierà le cose, anzi, le farà precipitare: trasformata in una rana, la ragazza comincerà con il suo irresponsabile principe un lungo viaggio nel bayou, palude del delta della Louisiana e del Mississipi popolata da eccentrici personaggi come l’alligatore Louis (doppiato da Pino Insegno) e la lucciola Ray (con la voce di Luca Laurenti) che di certo provocherà lacrime di commozione tra i più piccoli.Sognare ciò di cui si ha bisogno e non quello che si desidera smentisce il motto di
Biancaneve che cantava I sogni son desideri, ma fa capire ai bambini che nella vita bisogna imparare a riconoscere le cose davvero importanti, come l’amore. Per gli adulti invece la morale, ben più amara, è anche che il vero potere non arriva dalla magia ma dal denaro. Il film piacerà alle bambine, ne siamo certi, perché punta su meccanismi narrativi e personaggi ampiamente collaudati. Troppo, forse. Perché quello che manca rispetto ai cartoon targati Pixar è proprio la voglia di cercare nuove strade, creare nuovi classici che sfidino il tempo e non solo i botteghini, inventare personaggi che restino davvero nel cuore. Qui invece è evidente il tentativo di ricalcare antichi fasti senza rischi, con risultati decisamente meno entusiasmanti.«Realizziamo i nostri film – ci ha raccontato Andreas Deja, talentuosissimo supervisore dell’animazione arrivato ieri a Roma per accompagnare il film – pensando a un pubblico di famiglie, non solo ai bambini. Lasseter non ha intenzione di abbandonare il disegno tradizionale, perciò ha richiamato alla Disney registi come Musker e Clements che gli hanno proposto 7-8 idee per il film. Anche la Pixar anni fa pensava a un cartoon sul principe ranocchio e così le idee e spunti si sono fusi. La principessa e il ranocchio in 3D? Non saprei proprio immaginarlo».