“Diffidate da chi dice "ho fatto Ungaretti", "ho fatto Pascoli", "ho fatto Dante"… Davvero pensi di conoscere la vita di un uomo per le tre paginette che hai studiato? O è invece l’intera sua opera che ci tiene inchiodati qui dopo cento anni? Incontrarsi con un autore è leggere anche una sola poesia, ma leggerla bene, arrivando a una com/mozione propria, essere se stessi mentre la si legge: questo è il primo rispetto al testo, non ottemperare alle regole della "critica" fissate da non si sa chi…”. L’applauso esplode scrosciante e spontaneo alle parole di Davide Rondoni, docente e poeta, chiamato ai Colloqui Fiorentini a parlare di Giuseppe Ungaretti a migliaia di studenti delle superiori, nel centenario dell’esordio dell’autore, tra le trincee della Grande guerra. Questa mattina, nel secondo giorno della maratona letteraria organizzata da Diesse Toscana e Firenze, Rondoni ha appassionato la giovanissima platea rileggendo una delle poesie più intense di Ungaretti, quella “Gridasti soffoco” dedicata alla morte del figlioletto di 9 anni (vedi video).
Ancora un noto poeta-docente, Silvio Ramat, ha in mattinata esplorato i versi di Ungaretti, “che possono sembrare poesie non elaborate, uscite di slancio, belle e fatte, invece erano lungamente meditate e modificate”. Ramat ha anche annunciato per la primavera del 2017 la pubblicazione delle 376 lettere scritte in vecchiaia da Ungaretti a Bianca Bruno, di 52 anni più giovane, sua ultima passione quando ormai era vedovo. E ha raccontato il privilegio di aver potuto ascoltare il poeta leggere i suoi stessi versi “con quella teatralità, le erre arrotate, le esse sibilanti, che la televisione ci ha riproposto spesso in questo centenario dalla Prima guerra mondiale” (vedi video).