lunedì 7 maggio 2012
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Di quali cibi si nutrivano gli uomini della preistoria? Quale regime alimentare si è rivelato più competitivo dal paleolitico in poi? Sembra un argomento per iperspecialisti o per chi coltiva passioni scientifiche di nicchia. E invece sta sollevando forte curiosità nel grande pubblico. Perché la domanda conclusiva alla quale rispondere è suggestiva: le diete del paleolitico possono servirci per trovare un regime alimentare che difenda efficacemente la nostra salute? Vivace la discussione che si è accesa. Una nutrita schiera di studiosi, soprattutto anglosassoni, sostiene di aver trovato la risposta e la illustra con libri (specie in Usa) e su Internet. A indovinare la dieta giusta sarebbero stati i Cro-Magnon, la specie scoperta nel 1868 in Dordogna (Francia), di cui è nota la creatività e l’aspetto "anatomicamente moderno". I Cro-Magnon erano eccellenti consumatori di carni magre, pesce e molluschi. La loro dieta era bilanciata: comprendeva anche frutta e vegetali. E proteggeva dall’obesità. Escludeva infatti cereali e latte, in quanto prodotti dell’agricoltura. Veniva praticata da uomini cacciatori e raccoglitori di vegetali spontanei, che vivevano da nomadi cioè non facevano vita sedentaria. Insomma era la dieta ideale, quella che occorrerebbe seguire oggi per prevenire molte fra le malattie della civiltà del benessere (ipertensione, diabete, ipercolesterolemia), aggiungono i "fan" della paleodieta targata Cro-Magnon, assicurando che godevano di una salute di ferro. "Paleodieta" diventa in assoluto la dieta da consigliare. Su questa teoria che tiene banco da quasi un trentennio dirigono le loro bordate gli studiosi europei, soprattutto francesi, e sostengono che la paleodieta basata sui Cro Magnon non regge. Prima di tutto perché, a quanto ci dice oggi la scienza medica, uomini decisamente carnivori soffrirebbero di pressione alta. Pertanto non sembra logico sostenere che la dieta supercarnivora di 40 mila anni fa ci terrebbe al riparo dall’ipertensione. E poi troppa carne sviluppa tumori al colon. «Mangiare paleolitico» non è una scelta da compiere a occhi chiusi. La paleo-dieta, che conta non pochi neofiti, viene attaccata in vari punti. È tra i regimi alimentari meno efficaci per chi voglia ottenere concreti risultati in termini di salute, per esempio calare di peso, scrive Laurent Brasier su Le Monde. E spiega: «Il modo di vivere del genere umano è certamente cambiato, ma nell’arco degli ultimi decenni; solo un errore di prospettiva può indurci a trovare legami diretti tra questi cambiamenti e l’avvento dell’agricoltura, che risale a 11 mila anni fa. E i problemi di salute provocati dai mutamenti economico-sociali non possono essere affrontati risalendo ancora più in là nel tempo». Perciò non si può affermare che «non siamo adatti all’attuale regime alimentare, ma a quello dei nostri antenati preistorici». Ed è una "falsità" sostenere che gli uomini che vivono oggi non hanno più avuto evoluzione biologica e genetica a partire dal neolitico». Così protesta Jean-Jacques Hublin, direttore del dipartimento di evoluzione umana dell’Istituto Max Planck. E i primi Homo Sapiens, e i Neandertal, che cosa mangiavano? La loro dieta era molto simile alla nostra, specie quella di Neandertal, vicinissima ai nostri menu. Si nutrivano anche loro di pesci e molluschi ma soprattutto dei grandi mammiferi erbivori: cavalli, bisonti, renne, rappresentavano il loro principale nutrimento. Con la carne di questi animali, ci si procurava un’enorme quantità di proteine e di energia. La rivoluzione che imprime la svolta decisiva per la sopravvivenza della specie umana è la cottura dei cibi: le tossine dei vegetali vengono eliminate. È dunque un «completo  controsenso» affermare (come fanno i sostenitori della paleodieta) che ai Cro-Magnon, come ai Neandertal, piaceva molto gustare vegetali crudi. Le infezioni infatti erano molto temute. Forse più della fame perché potevano portarsi via interi gruppi all’interno di una popolazione. Infezioni e malnutrizione erano responsabili anche della mortalità infantile e del blocco dello sviluppo osseo. Calo della statura e aumento delle carie si devono a fattori genetici e alla fatica che veniva imposta ai bambini (dovevano partecipare attivamente alla pesante attività nei campi) più che alla «degenerazione provocata dalla diffusione dell’agricoltura e dell’allevamento». E comunque il "boom" rurale favorisce un progresso, senza precedenti, della natalità.​
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