«Nessuno, a parte voi, si è ricordato che 20 anni fa scompariva mio padre, Carlo Dapporto». Il figlio Massimo, uno dei più apprezzati attori italiani, è amareggiato dal silenzio sul ventennale della morte del grande attore, scomparso il 1° ottobre 1989 a 78 anni, icona della comicità elegante nel cinema e nella tv anni ’50. «Se lo sono scordati, ma non è l’unico purtroppo».
Massimo, cosa le manca di più di suo padre 20 anni dopo? «Mi è facile rivederlo, nei documenti video, nei vecchi film. Ma mi manca parecchio, faceva molto ridere, improvvisava, vedeva i giornali e la tv e partiva con le battute. Che direbbe oggi? Avrebbe bisogno di assistenza, era debole di cuore».
E come vede, da attore, la carriera di Carlo Dapporto? «Una carriera solida, fondata su anni di gavetta e di fame, senza vergognarsene: mio padre veniva da un’Italia dove c’era molta miseria. Anche io ho fatto la mia gavetta, con moglie, figlio piccolo e particine per anni. E il mio cognome non sempre era un vantaggio».
Che cosa ha «copiato» e in che cosa si è distanziato da un padre così celebre? «Ho cercato il più possibile di distinguermi da lui, ma mi rendo conto di as- somigliargli sempre di più: così oggi, dopo anni di seriosità, mi sono lasciato andare alla mia vena più giocosa»
Invece quali consigli le ha dato? «I suoi insegnamenti sono stati soprattutto di ordine etico e morale, di educazione, disponibilità. E mi ha spiegato la parabola del mestiere dell’attore. Da piccolo avevamo la casa piena di regali. Papà mi disse: 'Ricordati che i regali diminuiranno, gli attori passano di moda, non montarti mai la testa'. Questo mi ha salvato da quando non faccio più tv, dopo anni di grande popolarità. Ora mi dedico al teatro, a dicembre debutto nella commedia
L’appartamento di Billy Wilder ».
E dagli amici di suo padre cosa ha imparato? «A Roma negli anni ’50 venivano a casa Tino Scotti, Gino Bramieri, Aldo Fabrizi: si facevano grandi risate e si imparavano mille trucchi del mestiere. A piano terra abitava Titina De Filippo: lei mi faceva ritagliare tanti pezzettini di carta colorata che usava nei collage che poi vendeva per beneficenza in parrocchia. Ma quando arrivava Eduardo mi diceva: 'Corri a casa, che a lui non piacciono i bambini'».
Qual è il lavoro di Carlo Dapporto cui è più legato? «Senz’altro
La famiglia di Ettore Scola. Lui interpretava me da anziano in un ruolo drammatico, vinse il Nastro d’Argento. Mio padre come tutti gli attori comici, era istintivo e si sentiva soffocato dai registi. Gli è mancata una guida forte. Scola lo ha migliorato come attore, ma rifiutò di recitare per Strehler che lo voleva ne
La grande magia. Siccome si conoscevano da giovani, lui mi diceva: 'Figurati se mi faccio comandare da quello lì'. Io, che venivo dall’Accademia, lo detestavo: magari Strehler avesse chiamato me».
Comunque, anche la comicità da allora è cambiata. «La comicità oggi è diversa, sguaiata, specie in tv. Mio padre amava l’eleganza, i comici oggi si camuffano dietro alle parolacce e al dialetto: far ridere in un buon italiano è molto più difficile. E poi le fiction? Gli attori sono incomprensibili: forse per non far capire le sciocchezze che scrivono gli sceneggiatori». A sinistra, Carlo Dapporto (foto Grazia Neri) di cui ricorre il ventennale della morte e, a destra, il figlio Massimo apprezzato attore di teatro e di fiction
DALLA GAVETTA A RE DELLA RIVISTA E DI CAROSELLONato a Sanremo nel 1911 da umile famiglia e morto a Roma il primo ottobre 1989, Carlo Dapporto debuttò nel teatro di rivista nei primi anni trenta accanto a Carlo Campanini e venne lanciato nel primo dopoguerra da Wanda Osiris. Nel 1947 come capo-comico costituì una propria compagnia mettendo in scena numerose riviste sino a «Giove in doppiopetto» (1954) di Garinei e Giovannini. Autore di sketch e barzellette argutissime, inventò anche celebri personaggi come il maliardo e l’ingenuo "Agostino", protagonista anche di «Carosello». Ha lavorato, anche in tv, accanto ai più importanti attori dell’epoca da Isa Barzizza a Walter Chiari, Dario Fo, Sophia Loren, Ugo Tognazzi, Totò, Raimondo Vianello. Dapporto appare in una trentina di film, tra cui «La presidentessa» 1952) di Germi, «Accadde al commissariato» (1954), «Fortunella» (1958) di Eduardo De Filippo, «Polvere di stelle» (1973) di e con Alberto Sordi. L’8 agosto del 1945 nasceva Massimo, attore di teatro e tv. Proprio recitando con lui nel drammatico «La famiglia» (1986) di Ettore Scola, Carlo Dapporto vinse il Nastro d’Argento. (
A.Cal.)