L'ultimo stand che si incontra prima di entrare nella sala stampa della Buchmesse è quello del Museo Gutenberg di Magonza, con torchio di rigore e profusione di caratteri mobili. Sarà un caso, d’accordo, ma può anche essere la conferma di un principio che il direttore della Fiera del Libro di Francoforte, Jürgen Boos, ha ripetuto più volte in questi giorni: nell’epoca degli e-book la sopravvivenza, se non addirittura la rivincita, della carta stampata si lega in maniera indissolubile all’eccellenza del prodotto. Largo al libro-oggetto, dunque, e benvenuto il volume d’arte, in ogni possibile accezione. I tedeschi, in questo, la sanno lunga. Ha sede a Berlino l’iperattiva Taschen, che con i suoi illustrati a basso costo è da tempo un fenomeno internazionale. Il suo stand attira i visitatori con una gigantesca copia di
Genesis, riconosciuto capo d’opera del fotografo brasiliano Sebastião Salgado. Non è l’unico pezzo forte della Buchmesse. Tomi di grande formato appaiono dove meno te l’aspetti, per esempio fra i testi di una casa specializzata in testi medici, la Karder, che propone una gigantesca riproduzione del cinquecentesco
De humani corporis fabrica di Andrea Vesalio. I collezionisti con adeguata capacità di spesa preferiscono aggirarsi per l’allettante settore riservato agli antiquari. Qui un’esemplare del coloratissimo
Libro delle Cronache e delle Storie, impresso a Norimberga nel 1493, viene offerto a un prezzo non riferibile, mentre con qualche centinaio di euro ci si accaparra un’Apocalisse del 1948, illustrata da Karl Rössing con evidenti richiami alla guerra appena conclusa.Virtuosismo tipografico e digitalizzazione a oltranza procedono in parallelo anche nel padiglione anglosassone, che della Buchmesse rappresenta il vero baricentro. Si trovano da queste parti i volumi – sempre sorprendenti – della Phaidon, che della Taschen rappresenta la sussiegosa controparte con base a Londra e New York. Qualche editore si lascia prendere la mano, escogitando stranezze come i manuali di culinaria a forma di bottiglia di champagne o di torta al cioccolato, ma anche eccessi del genere sono tutto sommato comprensibili se si tiene conto dell’intraprendenza dimostrata dalla galoppante industria dell’e-book. Accanto alle grandi firme del settore (Kobo e Nook, l’e-reader della catena di librerie americane Barnes & Noble), è tutto un pullulare di agenzie che garantiscono servizi chiavi in mano, dal manoscritto alla pubblicazione elettronica. Si rivolgono alle aziende, ma anche alla folla degli aspiranti autori, che negli ultimi anni hanno ingrossato le file del
self publishing: un’editoria senza mediazioni che, secondo i pessimisti, prelude al tramonto dell’editore come mediatore. Il colosso Amazon, che di questa tumultuosa transizione rappresentata il precipitato chimico, si ritaglia una posizione molto defilata, mentre il concorrente Google sfoggia il suo progetto
Play, incrocio sofisticatissimo tra la libertà del web e le ragioni del copyright.Non è un problema soltanto americano, è chiaro, e anche in questo la Germania sembra avere qualcosa da insegnare. La risposta tedesca all’avanzata di Kindle, il lettore digitale targato Amazon, si chiama Tolino, è un prodotto tecnologicamente affidabile e dai costi ridotti, realizzato da un consorzio fra le maggiori reti di librerie del Paese. Per il momento è un successo, che sta mettendo seriamente in discussione il primato degli
e-reader Sony, finora i più diffusi in Germania.L’editoria cambia, insomma, e per adeguarsi ci vuole inventiva. Gli illustratori da un lato non rinunciano a chine e pennelli, ma dall’altro si attrezzano per la nuova frontiera, quella dell’
enhanced book: tavole e animazioni da riversare in "applicazioni" per tablet e affini, come Mirrorword della tedesca Cornelia Funke, scrittrice per ragazzi molto amata anche dai lettori italiani. C’è chi preferisce un’affascinante intransigenza, come Hermann Schmidt, raffinato editore di Magonza (un compatriota di Gutenberg, e si vede) che distribuisce un catalogo da rifinire con forbici e taglierino. E non mancano le custodie di design, tra cui quelle che l’italiana WrapBook sta promuovendo con molta eleganza. Ma forse la soluzione più convincente è quella suggerita da Reflexiva, sigla brasiliana che, a ridosso degli stand del Paese ospite d’onore, esibisce il suo libro «in sedici parole». Un percorso dal papiro al tablet, passando per incunaboli e altre meraviglie appositamente realizzate, con una manciata di espressioni che si combinano all’infinito tra loro. Un modo per ricordare che l’importante è avere qualcosa da dire. Le tecnologie, nel caso, arrivano dopo.