Saranno contenti Arianna e Maurizio con i loro figli, Amelia e Angelo, Anna e Massimo, Sonia e Alberto, ma soprattutto Antonietta “regina” della canonica della parrocchia dei Santi Gioachino e Anna di Roma. Sì, saranno felici di vedere i loro nomi comparire tra le persone da ringraziare, ma soprattutto perché, ora che
“In cucina con i santi. Ricette tra cielo e terra” (San Paolo, pag 153, 17,50 euro) ha visto la luce, potranno smettere di assaggiare i piatti degli autori, don Andrea Ciucci e don Paolo Sartor.I due sacerdoti milanesi, amici da una vita con la comune passione per la cucina e i viaggi, da sempre sottopongono le loro sperimentazioni culinarie a un gruppo ristretto di amici e supporter perché niente venga lasciato al caso. E se nel precedente volume avevano dato spazio alle ricette tratte o dedotte dalla Sacre Scrittura
(“A tavola con Abramo. Le ricette della Bibbia”, San Paolo, 172 pagine, 18 euro) oggi tocca ai santi ai quali oltre che associare il loro piatto preferito (con ricetta) gli autori dedicano anche ricche note agiografiche e una ricostruzione storica. “Non deve stupire che le vite dei santi, famosi e sconosciuti, antichi o moderni, italiani o stranieri, siano segnate da tante ricette e sapori - spiega don Andrea -. Il ricco ragù di
Padre Pio e le tre polente di
Papa Giovanni, il sontuoso banchetto imbandito per
san Luigi di Francia e la povera ma gustosa zuppa di cavolo rosso del beato
Tito Brasdma, la crostata di
santa Teresina e le scatolette di tonno di
don Puglisi, tutto parla del legame di questi grandi uomini e donne con la loro terra, la loro storia, la Chiesa del loro tempo e di come il Vangelo plasma veramente anche la quotidianità della tavola”.Ecco che ci imbattiamo nel piatto poverissimo che era sulla tavola di
Maria Goretti, gli spaghetti aglio e cipolla, tutto quello che la sua numerosa famiglia di contadini poteva permettersi, soprattutto dopo la morte del padre. Ma che cosa mangiava quel dottore d’altri tempi,
Riccardo Pampuri, che trascorreva la giornata visitando i malati e la notte pregando? Seguiva una dieta essenzialmente vegetariana (come molti santi, scopriremo) e qui viene ricordato per la zuppa bianca a base di patate e latte. Era fatta con le foglie più tenere del faggio, olio, porro e pane casereccio la minestra preferita da
san Bernardo di Chiaravalle che, entrato nel monastero di Citeaux si trovò ad affontare la Regola benedettina nella sua forma più autentica che comportava anche un cibo frugale. Mentre per Padre Pio la peperonata era un toccasana per il mal di stomaco,
Wojtyla ormai Papa, durante una visita in Polonia, ricordando il dolce dell’infanzia, la “Papieska”, fece riscoprire la ricetta che da allora divenne il “dolce papale”. Insomma una carrellata di sapori veri per vite vere. Fino alla forma paradossale del digiuno o della riduzione minimale della nutrizione, come per Caterina da Siena che si cibava solo di una torta di erbe amare. Il cibo, anche quando è negato o rifiutato, concorre a rendere più saporita la vita degli uomini e ad avvicinarli al Mistero.